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Aggiornato: 6 giugno 2025


Infatti veggo. Giana. Sembri malata, piccola dolce. Mortella. Non sono dolce io. Perché m’accarezzi? Giana. M’intenerisci. Lasciami mettere le dita nei tuoi capelli, per trovare il tuo male. Mortella. Io lascio le mie mani giù. Vedi. Giana. Tu diffidi di me, e forse mi detesti. Lo sento. Ma io ti voglio bene, e m’affliggo di saperti infelice. Mortella.

Troppa modestia, signor dottore! ripigliò a dire la Perrotti, in quella che stava notando il turbamento del giovine; la gratitudine di tutti gli amici della mia bella Luisa, non può venir meno per simiglianti dichiarazioni. Ma sai, Luisa, che tu sei grandemente mutata? Tu mi sembri gi

Ah che nulla ne seppi; e certo in vano Per me salvar ti condannasti a morte; permesso l'avrei, ch'era mia mano D'ogni nemico a trionfar ben forte; Ma se tu sul fiorir per Ottomano Non paventasti formidabil sorte, Che dee fare egli intra Cristiani armato, Perch'al nome di te non sembri ingrato?

Mostratemi una cosa che sembri avvicinarsi alla morte più del dolore, e tuttavia mostratemi un dolore del quale si possa morire. Si dice spesso: «io morrò di questo affetto, io morrò di questa sventura, io morrò di questa o di quell'altra cosa», e non si muore mai di quelle cause che credevamo doverci condurre alla morte. Sembra che tutta la natura sia animata da una forza di contrasti, da una legge, da uno spirito di contraddizione immutabile. Gettate gli sguardi sul vostro passato, e vedrete che la vostra vita, le vostre opere, i vostri affetti non sono stati che una serie di contraddizioni continue. Volete vivere? morrete. Desiderate la morte? avrete una vita lunga e affannosa. Che cosa è questa infelicit

Il vanto di correggere l'Aretino ed il Poggio coll'analizzare le cagioni intime e cittadine dei mutamenti nei governi non è certo realizzato; che se qualche volta lo sembri è piuttosto fortuito incontro o fuggevole accenno che proposito di sistema.

Ma, il tempo scorre; e niuno venire io veggio,... e nulla so... Del tutto Seneca anch'egli or mi abbandona?... Ah, forse piú non respira... Oh cielo!... ei sol pietoso era per me... Neron giá forse in lui il furor suo... Ma, oh gioja! Eccolo, ei viene. OTTAV. Seneca, oh gioja! ancor sei dunque in vita? Vieni, o mio piú che padre... E che? nel volto men tristo sembri: oh! che mi arrechi?

Una mattina l’Ab. Carì dopo di aver celebrato messa nella chiesa di S. Matteo, si stava spogliando degli abiti sacerdotali nella sagrestia. Nel frattempo gli si presenta un uomo, che lo prega di volere udire due suoi sonetti, o di dirgli quale gli sembri degno di vedere la luce. L’ab. Carì china benevolmente il capo ad ascoltare. Mentre lo sconosciuto legge il primo sonetto, il Carì si fa brutto in faccia. Finita la lettura, gli dice secco secco: «Stampate l’altro».

Come puoi vederci? Ci vedo, ci vedo... E a lui che le ronzava attorno non sazio ancora di carezze, non atto a persuadersi che potesse mai venire il momento dell'ultimo bacio, diceva supplichevole: Sta tranquillo, te ne prego... Mettiti a sedere. Egli si lamentava. Dio mio!... Sembri gi

Oh! come la tua bocca è ancora lontana da me!... La vedo un poco aprirsi come una nuvola ardente sulla sorridente madreperla della luna, e tu mi sembri chinata languidamente su la poppa che fugge d'una galera chimerica... Ahimè! tu altro non fai che sfogliare i tuoi baci con la punta delle dita e di lontano, con un pallido gesto che come lampo svanisce!... La voce del Mare.

Tuo zio è un cane: rispose brusca brusca la Rosina: e tu.... tu sei un altro animale. Un asino: suggerì Antonio: dillo pure. L'hai detto tu! Grazie tante! Ed Antonio si rimise ad andare e venire. Vuoi star fermo una volta? gridò dopo un poco la moglie. Tu sembri l'arcolaio della strega che va e che va.... e m'hai gi

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