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Li prego, vogliano sedersi; disse Gino, assai cerimoniosamente, additando due sedie. In che posso servirli? I due visitatori aspettarono che il conte Malatesti avesse preso posto sulla poltrona; poi sedettero anch'essi, stando bellamente sulla vita. Veniamo, signor conte, disse il luogotenente Schwabe, incaricati di una commissione del signor barone De Wincsel.

Egli fece, ravvisandomi, un gran chiasso da quel buon Schwabe ch'era, e durai fatica a fargli intendere di star cheto, perchè miss Yves era sul battello e non avevo piacere, desiderando evitarle ogni emozione, ch'ella si avvedesse di lui. Geloso, geloso, geloso! diss'egli. Avete ragione; era innamorata di me.

Il luogotenente Schwabe stette un momento sopra di ; volse un'occhiata al compagno, come per interrogarlo, e n'ebbe in risposta un cenno del capo, che voleva dirgli: fate voi. Allora il bravo luogotenente, non volendo abbandonar così presto il terreno su cui si era piantato da principio, rispose in questa forma a Gino Malatesti: Signor conte, noi intendiamo benissimo le ragioni che la muovono. Esse sono delicate, come la quistione per cui siamo venuti. Ma noi ci terremo fortunati, lo creda, assai fortunati, se per uno schiarimento necessario da amico ad amico Ella penser

Ella, per contro, non avrebbe nessun obbligo di aspettare il nostro primo oltre il limite stabilito dagli usi. Mi conceda la sua amicizia, La prego. Gino Malatesti stese la mano al signor Schwabe, pensando che quello straniero era molto assennato ed anche molto gentile. Tutti così, del resto, quei signori del Settentrione, quando dimenticavano di essere conquistatori e guardiani.

Ella è, signor conte, molto più generoso di noi; rispose il luogotenente Schwabe. Offrirci era il nostro dovere, grato e pericoloso dovere, poichè all'onore d'incrociare la spada con Lei avremmo dovuto associar l'obbligo di non attaccar mai, ed Ella sa che si sta male, non uscendo mai dalla difesa.

Ma vedano, signori; soggiunse egli tosto, frenando col gesto un bel movimento dello Schwabe; ciò che sarebbe stato possibile ieri, da uomo a uomo, non lo è più egualmente stamane. E perchè di grazia? domandò quell'altro. Favorisca spiegarci la differenza che ci vede, e che non ci vediamo noi, l'assicuro. Ecco, signori miei; ripigliò il conte Gino.

No, signor conte, non è in poter nostro; rispose il luogotenente Schwabe. Il nostro primo è impedito da forza maggiore; noi siamo venuti a dargliene avviso, disposti a pagare per lui, se a Lei dispiace di essere stato incomodato per nulla.

Ho sempre creduto che quando si presentano due gentiluomini, per incarico di un terzo, a chiedere una spiegazione... Uno schiarimento, perdoni! interruppe lo Schwabe.

Così preparato, il conte Gino entrò nel salotto, insieme co' suoi padrini. Il luogotenente Schwabe e il marchesino Frassinori salutarono assai gravemente, e il primo di essi espose il rammarico di tutti e due per ciò che era accaduto.

Egli non mostrò curarsi molto delle altre signore che lo festeggiavano e andò diritto a stringere la mano di miss Yves. Violet era accesa in viso; i suoi dolci occhi non potean dirsi scintillanti, ma pur lucevano d'inusata luce. Il dott. Topler le sedette accanto e una bionda giovinetta della compagnia esclamò, battendo le mani, con una vocina brillante di riso: Oh prego, prego, bitte, bitte, guardate Violet! Vidi miss Yves arrossire ancor più e fare un atto d'impazienza, di rimprovero; udii il Topler prendersi beatamente, scherzando, tutto il merito di quei rossori, Violet disse certo alla sua giovane amica una parola acerba che non intesi, perchè la biondina fece un visetto mortificato e tutti tacquero. Io continuavo a camminare con un tal bollimento interno! Il dott. Topler alzò gli occhi, mi riconobbe e venne a me salutandomi in latino a braccia distese, come un vecchio amico. Diedi un'occhiata a Violet; ci fissava, pallida per la sorpresa. Gli altri pure ci guardavano curiosamente. Topler mi domandò se andassi a Monaco. Risposi ben chiaro e forte che non andavo a Monaco ma ad Eichstätt. Esclamazioni del signor Topler, Allora viaggiamo insieme! diss'egli. Misere cupis abire! Dobbiamo viaggiare insieme! E mi raccontò che andava ad Eichstätt anche lui con altri amici. Poi mi voltò le spalle e corse tentennando sulla sua mazza e il suo ombrello a edificar gli amici sul conto mio. Il giorno prima non avevo mancato di sfoggiar quanto latino e quanta letteratura tedesca avevo in testa e m'ero fatto di lui un ammiratore; adesso intesi da' suoi gesti che stava raccontando a miss Yves grandi cose di me. Miss Yves avea fatto un viso gelido, pareva ascoltarlo appena. Al momento della partenza l'altro signore le offerse il braccio, le tre dame o damigelle si avviarono insieme e Topler volle venire con me. Mi disse che dovevo assolutamente stare con lui, che aveva tante cose a domandarmi sull'Italia dove intendeva recarsi, per la terza volta, fra poco. Insomma mi trovai, senza la menoma indiscrezione da parte mia, in una stessa carrozza con miss Yves che era turbata quanto me, non volgeva mai il viso dalla mia parte. Pigliammo posto il più lontano possibile l'uno dall'altro. Le due amiche si guardavano sorridendo e poi guardavano me, come scusandosi per gli eccentrici modi del loro Schwabe. Mi dicevano con gli occhi: che ne penser