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Aggiornato: 12 giugno 2025


Gli antichi per sfogar le loro brame non lasciavano neppur caste le glandole mammarie. Nei suoi dialoghi Luisa Singea, fa raccontare ad Ottavia una scena di questo genere: «Con l’una e l’altra conca di Venere

Or sappi, ch'io, non reo de' tuoi falli, io pur ne porto la pena tutta: del regnar mi è dato il miglior premio; in odio a tutti io sono. Qual mi puoi nuova infame cura imporre, che aggiunga?... NER. Ei t'è mestier dal cor del volgo trarre Ottavia. SENECA Non cangia il volgo affetti, come il signore; e mal s'infinge. NER. All'uopo ben cangia il saggio e la favella, e l'opre: e tu sei saggio.

Augusto aveva fatto costruire in onore di sua sorella Ottavia quel magnifico portico a due file di colonne. Una parte della facciata esiste ancora ed è addossata al mercato del pesce, che confina col Ghetto, presso la chiesa di S. Angelo in Pescheria, ch'è un'antica basilica, la cui storia si riconnette con quella degli ebrei, perchè nel medio evo erano costretti ad ascoltarvi le prediche. E' veramente un caso senza esempio nella storia che presso quei portici di Ottavia, l

TIGEL. Ottavia trarre potran piú tosto ove Agrippina, e Burro, e tanti, e tanti, andaro. A voler spenta la tua rival, lascia che all'odio antico nuovo timor nel core al sir si aggiunga. Ei non svelommi il suo pensier per anco; ma so, che nulla di Neron l'ingegno meglio assottiglia, che il timor suo immenso. Roma, Ottavia chiamando, Ottavia uccide.

NER. Che rechi, o Tigellin? favella. TIGEL. Vieppiú feroce la tempesta ferve: rimedio sol, resta il tuo senno. Appena ode la plebe, che un sovran comando Ottavia in Roma ha ricondotto, a gara chiede ogni uom di vederla. In te cangiato credono, stolti, il tuo primier consiglio: e v'ha chi accerta, che di nuovo accolta nel tuo talamo l'hai.

La carrozza della nobile Ottavia Scotti, vedova Belmosti, si fermò a sua volta, e ne scese la vecchia dama, con Matilde Cisneri, il marchese De' Carli e il conte Alerami.

Or basti a me, che accorto fatto m'ha Roma in tempo. Error non lieve fu l'espeller colei, che mai non debbe, mai stanza aver lungi da me... SENECA Ten duole dunque? ed è ver quanto ascoltai? ritorna Ottavia? NER. . SENECA Pietá di lei ti prese? NER. Pietade?... : pietá men prese. SENECA Al trono compagna e al regal talamo tornarla, forse?... NER. Tra breve ella in mia reggia riede.

SENECA Signor del mondo, a te che manca? NER. Pace. SENECA L'avrai, se ad altri non la togli. NER. Intera l'avria Neron, se di abborrito nodo stato non fosse a Ottavia avvinto mai. SENECA Ma tu, de' Giulj il successor, del loro lustro e poter l'accrescitor saresti, senza la man di Ottavia?

Chi corre insano al Campidoglio, e gioja sparge, e voti; altri di alloro trionfal corona ripon sopra le immagini neglette di Ottavia: altri, ebro d'allegrezza, ardisce atterrar quelle di Poppea: tant'oltre giunge l'audacia, che infra grida ed urli nel limo indegnamente strascinate giacciono infrante.

E dunque quando ha capito che la preferita era la bella Ottavia, una domenica dopo la messa cantata, pare che durante la funzione avesse scoperto un certo telegrafo fra i due, si serrò in camera, chiuse le finestre e, detto fatto, ingoiò uno scatolone intiero di fiammiferi!... Oh! graziosa!

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