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Con grave e lunga pena io t'acquistava; or debbo travagliarmi in serbarti: il sai, che a costo anco del trono, io ti vo' mia... POPPEA Chi tormi a te, chi 'l può, se non tu stesso? è legge ogni tuo cenno, ogni tua voglia in Roma. Tu in premio a me dell'amor mio ti desti, tu a me ti togli; e il puoi tu appien; com'io sopravvivere al perderti non posso.

O madre, che amara novella m'hai tu data! o quanto piú grata mi saresti, se conceputo non m'avessi o generato in questa vita, overo uccisomi nella cuna. Che obligo debbo averti della vita, che m'hai data, se con una amara nuova mi togli la vita e l'anima insiememente?

VIGNAROLO. Se tu dici piú simili parole, ti batterò con una pertica come si battono le noci. Che asinitá! se siamo duo, io e tu, come siamo un solo? GUGLIELMO. Almeno dimmi se io sia diventato te e tu me. VIGNAROLO. E pur ! taci e fai meglio per te. GUGLIELMO. Puoi far tu che non sia quel che sono? e non sia Guglielmo? VIGNAROLO. Orsú, togli, Guglielmo; ricevi, Guglielmo!

Togli per infallibile sentenza la favola di Mida e del barbiere, che al bucolin degli orecchioni grida, donde nacquer le canne dalle strida. Filinor ode il sordo mormorio: per le botteghe faceva il leprone, gli occhi ha incantati e pavidi, e pur brio tenta mostrar, ché ha in cor la sua lezione.

Ecco, ti lascio.... Ma togli quell'anello, Costanza; spezza il simbolo d'una catena gi

Yole tace. «Tu vuoi la mia morte, lo vedo: ingrata! tu non promettevi di farti così feroce, no, tu non lo promettevi; eri una volta umana, timida, pietosa, ora come tu sei mutata! per te si consumano nello spasimo i pochi giorni che Dio mi aveva concesso; tu me li togli.... tu.... ma io non maledirò mai l'ora del tuo nascimento.» «Io l'ho maledetta

Ma, se non me ti togli dinanzi, cosí donna come sono, ti caverò cotesti occhi con i diti, e ti strapparò il naso dalla faccia con i denti; e me ne insanguinarei insino all'unghie, cane ingrato e disconoscente. EROTICO. O che tu sei fuora di te o che ti sogni? che diavol t'ho fatto io, che non puoi temprar la lingua dall'ingiurie e narrarmi il fatto come passi?

Tu sta' discosto; tu piglia. LIDIO femina. Che «piglia»? Balorda! Son io; non lui. SAMIA. Cosí è. Erravo io. Tu hai ragione; tu il torto. Tu va' in pace; tu togli. LIDIO maschio. Che fai tu, bestia? Par che vogli dargli a lui; e sai che son nostri. LIDIO femina. Che «nostri»? Lassali a me. LIDIO maschio. Anzi, a me. LIDIO femina. Che a te? Lidio son io; non tu. LIDIO maschio. Dágli qua.

Tu, porta queste mani a' fianchi; tu, alza la testa, che mi pari un bufalo o barbagianni; tu, con questa fionda sta' in questo luogo, e se alcuno cavasse la testa fuor dalla finestra o tetto, ferisci con essa e togli le difese; tu, Squadra, fermati innanzi la porta, che hai questo cuoio di dante. SQUADRA. E questa spada di Petrarca. TRASILOGO. Con questa spada poniti in portafalcone.

Al fine de le sue parole il ladro le mani alzò con amendue le fiche, gridando: «Togli, Dio, ch’a te le squadro!». Da indi in qua mi fuor le serpi amiche, perch’ una li s’avvolse allora al collo, come dicesse ‘Non vo’ che più diche’; e un’altra a le braccia, e rilegollo, ribadendo stessa dinanzi, che non potea con esse dare un crollo.