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Cantando, ripensiam che breve è il giorno e che rimena il vespero la sera: sorgon le nubi e il gonfalone adorno piega improvviso e cade alla bufera; vediam lontano e in mezzo al ciel la Spera che tutto accoglie nell'Eterno Amore; ed esclamiamo: «Oh, quando al suo splendore saran l'anime nostre redimiteDas ist deine Welt? Das heisst eine Welt? Faust GOETHE.

La storia che raccontiamo è l'eterna storia dell'amore nell'eterno paese della poesia; non mettiamo date all'eternit

Oh!... Dite ai mille ipocriti Dalle fisime strane, Che noi, togliendo l'anima Alle credenze umane, Non vi togliamo il balsamo Delle memorie pie, I canti e l'armonie Che sanno consolar! Credete alla Materia Per creder nell'Eterno; Il Bene e il Mal sussistono; Ecco il Cielo e l'Inferno! Religïon purissima È la Scienza, la luce Che gli uomini conduce Ad amarsi e pensar.

Poi venne col viatico il parroco di Santa Maria l'Antigoa, sotto la cui giurisdizione ecclesiastica era la casa di Gil García. Tra le preghiere degli astanti genuflessi, a cui rispondeva con ferma voce l'Almirante, levato sui guanciali il capo e le spalle, gli occhi scintillanti di viva luce, e giunte le scarne mani sul petto, la cerimonia fu commovente; cerimonia paurosa per istrazio interiore a quanti ancor pieni di vita sono costretti a pensare una volta l'orribil momento che dovranno lasciarla; cerimonia solenne d'insegnamenti a chi vede in essa la chiusa del dramma oscuro dell'esistenza, il punto fatale che tutte le ambizioni soddisfatte vanno in dileguo sulla medesima china delle speranze deluse, e piacere e dolore, e bene e male delle nostre passioni, nobili o ree, ma tutte egualmente fumose, si estinguono nell'eterno silenzio, mentre un arcano conforto di promesse celesti entra nell'anima per quelle medesime labbra che si torceranno nello spasimo della morte terrena. Dio, il consolatore invisibile, è l

Veduto avrai siccome io, debol tanto Quando i miei fulgean più dilettosi, Nel supremo dolor contenni il pianto, E mia fiducia nell'Eterno posi. Veduto avrai siccome, fatto io preda Di lunghe dubitanze sciagurate, Solo in carcer la diva afferrai teda, Che mie maggiori tenebre ha sgombrate.

Qui avendo i sopradetti notificati, finalmente, di messer Uberto Camiscione de' Pazzi di Valdarno si conta, il quale tradì e uccise alcun suo consorto, per cui d'alcuno altro di sua casa, nominato Carlino, moreggiando s'aspetta, predicendo alcun tradimento che perlui poscia si fece. E mentre ch'andavamo in ver lo mezzo, Al quale ogni gravezza si raguna, Ed io tremava nell'eterno rezzo

Poco lontano, colle teste quasi appoggiate al muricciuolo, ov'egli sedeva, dormivano suo padre e sua madre. Per poco ch'egli discendesse coll'occhio dell'anima sotto le zolle fiorite, ne rivedeva le care spoglie composte nell'eterno silenzio, immagini evidenti come non eran tornate mai davanti al suo occhio vivo, quando altre forze lo trascinavano ad altri pensieri.

Color di perla, interminate rive Si seguiran, cristalli inargentati, E piante ignote d'ogni raggio schive, E smorti fiori come addormentati Nell'eterno sopor dolce e fatale, E profumi sottili ed ignorati Senza gli aromi turgidi del male, Senza i poemi intensi del dolore E dei peccati senza l'aureo strale,

Adunque nella prima parte, continuandosi a quello che nella fine del precedente canto ha detto, cioè come con Virgilio entrasse in cammino, dice dove pervenne, cioè alla prima porta dell'entrata d'inferno; sopra la qual, dice, vide scritto: «Per me», cioè per entro me, «si va nella cittá dolente», cioè nella cittá di Dite, dolente in perpetuo per li dannati spiriti li quali dentro vi sono; della qual cittá, percioché pienamente se ne scriverá in questo libro appresso nel canto ottavo, qui non curo di dirne alcuna cosa; «Per me si va nell'eterno dolore», al quale dannati sono coloro li quali muoiono nell'ira di Dio; «Per me si va tra la perduta gente». Dice «perduta», percioché alcuna potenza di bene adoperare non è in loro; e questi cotali meritamente si posson dir perduti. «Giustizia mosse», a farmi: e la giustizia che 'l mosse fu la superbia del Lucifero, la quale meritò eterno supplicio; il quale Iddio volle tanto da dilungare, quanto piú si potea, e perciò, nel centro della terra gittatolo, quivi la sua prigione fece, e volle quella similmente esser prigione di tutti quegli li quali contro alla sua deitá operassero; «il mio alto Fattore», cioè Iddio; «Fecemi la divina Potestate», cioè Iddio Padre, al quale è attribuita ogni potenza; «La somma Sapienzia», cioè il Figliuolo, il quale è sapienza del Padre, «e 'l primo Amore», cioè lo Spirito santo, il quale è perfettissima caritá, igualmente moventesi dal Padre e dal Figliuolo.