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Aggiornato: 5 giugno 2025


Tu m’hai di servo tratto a libertate per tutte quelle vie, per tutt’ i modi che di ciò fare avei la potestate. La tua magnificenza in me custodi, che l’anima mia, che fatt’ hai sana, piacente a te dal corpo si disnodi». Così orai; e quella, lontana come parea, sorrise e riguardommi; poi si tornò a l’etterna fontana.

Tu m’hai di servo tratto a libertate per tutte quelle vie, per tutt’ i modi che di ciò fare avei la potestate. La tua magnificenza in me custodi, che l’anima mia, che fatt’ hai sana, piacente a te dal corpo si disnodi». Così orai; e quella, lontana come parea, sorrise e riguardommi; poi si tornò a l’etterna fontana.

PRUDENZIO. In nomine Domini, et tu fac istud tema. E avvertisci ch'io non ritorni nella pristina còlera, ché non sunt in potestate nostra primi motus. MALFATTO. Le prime mete, , sono in potestate vostra. PRUDENZIO. Alla , che te farò trepidare innanzi a noi. MALFATTO. Cancaro! Guarda li piedi!

<<O donna in cui la mia speranza vige, e che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige, di tante cose quant'i' ho vedute, dal tuo podere e da la tua bontate riconosco la grazia e la virtute. Tu m'hai di servo tratto a libertate per tutte quelle vie, per tutt'i modi che di cio` fare avei la potestate.

<<O donna in cui la mia speranza vige, e che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige, di tante cose quant'i' ho vedute, dal tuo podere e da la tua bontate riconosco la grazia e la virtute. Tu m'hai di servo tratto a libertate per tutte quelle vie, per tutt'i modi che di cio` fare avei la potestate.

20 Quanto fia meglio, amandola tu ancora, che tu le venga a traversar la strada, a ritenerla e farle far dimora, prima che più lontana se ne vada! Come l'avremo in potestate, allora di chi esser de' si provi con la spada: non so altrimenti, dopo un lungo affanno, che possa riuscirci altro che danno.

Adunque nella prima parte, continuandosi a quello che nella fine del precedente canto ha detto, cioè come con Virgilio entrasse in cammino, dice dove pervenne, cioè alla prima porta dell'entrata d'inferno; sopra la qual, dice, vide scritto: «Per me», cioè per entro me, «si va nella cittá dolente», cioè nella cittá di Dite, dolente in perpetuo per li dannati spiriti li quali dentro vi sono; della qual cittá, percioché pienamente se ne scriverá in questo libro appresso nel canto ottavo, qui non curo di dirne alcuna cosa; «Per me si va nell'eterno dolore», al quale dannati sono coloro li quali muoiono nell'ira di Dio; «Per me si va tra la perduta gente». Dice «perduta», percioché alcuna potenza di bene adoperare non è in loro; e questi cotali meritamente si posson dir perduti. «Giustizia mosse», a farmi: e la giustizia che 'l mosse fu la superbia del Lucifero, la quale meritò eterno supplicio; il quale Iddio volle tanto da dilungare, quanto piú si potea, e perciò, nel centro della terra gittatolo, quivi la sua prigione fece, e volle quella similmente esser prigione di tutti quegli li quali contro alla sua deitá operassero; «il mio alto Fattore», cioè Iddio; «Fecemi la divina Potestate», cioè Iddio Padre, al quale è attribuita ogni potenza; «La somma Sapienzia», cioè il Figliuolo, il quale è sapienza del Padre, «e 'l primo Amore», cioè lo Spirito santo, il quale è perfettissima caritá, igualmente moventesi dal Padre e dal Figliuolo.

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