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Morivan lenti in su la calda riva I flutti languidi, L'onda lambendo la rena moriva Con lungo murmurare. Tutto era bruno: e terra e cielo e oceano; Taceano i venti, Eppur movea lassù un arcano palpito Le stelle ardenti. Stendeasi in l

Noi ci cercammo le labbra, e al caldo contatto infine le lacrime di Lidia proruppero, mi caddero brucianti sulle mani, chiamarono le mie; la crisi quietò Lidia a poco a poco, lasciandola colla testa sul mio petto, gli occhi chiusi, da' cui angoli scorrevan deliziosissime e infantili le lagrime. Non so quanto così rimanessimo, vittime d'un arcano fascino.

, lo credo e fermamente lo credo: oggi una spada dal cielo benedetta si snudò sulla Dora; io mi beerò a quel lampo e per la prima volta abbraccerò mio fratello. Chi mai? proruppe Rosina: sarebbe forse giunta l'ora in cui mi svelerai il tuo segreto? Rosina, ascoltami: tu ne sei degna, il momento arrivò; giurami però custodire il grande arcano.

Esser pöeti è tentar l'ocëano Della vita; è svelarlo; è, ansanti, correre Dietro un caro idëal.... cui non si crede! È comprender del tutto il nulla arcano, E, d'ogni cosa quaggiù disperando, Trovare ancora entusïasmo e fede Per vivere cantando.

Io aveva presa una sua mano nelle mie, e un fluido arcano aveva messo in comunicazione i nostri cuori che corrispondevano fra loro. La Menica rientrando accese il lume, Martino mise della legna sul fuoco che era quasi spento, e i signori Bruni, ritornati dalla loro escursione, ci trovarono seduti uno vicino all'altro come due colombi in un nido.

Fiordaliso tremava a verghe; quella voce stridula e quel piglio beffardo non gli erano ignoti. Ancora non sapeva raccapezzarsi, ma un arcano terrore gli serpeggiava per tutte le vene.

O mia adorata fanciulla, le diceva, dovrò io dunque invano sperare da voi uno sguardo di compassione? Signore, parlatene a mia madre. Non posso, Rosina, non posso; un terribile arcano m'impedisce ora di palesarmi a lei ed a voi; il mio nome è un mistero: io ne ho tanti, ma non ne ho un solo da darmi di fronte a voi ed alla madre vostra.

«Perchè non abbiate fatto questo nelle prime ventiquattr'ore, perchè non lo facciate ora, m'è arcano. So che così non potete stare; e che tra il seguir questa via e il mandar deputati supplichevoli a Pio IX e dirgli: tornate onnipotente, cancelliamo ogni traccia della giornata del 16, non è via di mezzo. Taluni mi scrivono che li trattiene il timore d'essere invasi. Invasi? E nol sarete voi a ogni modo? Non vedete che la questione sta fra il concedere la iniziativa e la scelta del tempo e del come al nemico o l'assumerla voi, averne tutti i vantaggi e sconvolgere i disegni dell'invasore? Non vedete che in una ipotesi cadrete derisi perchè nessuno mover

Sembrava il fragore della tempesta, sembrava l'irrompere del pianto, sembrava una battaglia del cuore. E le note succedevano una all'altra, chiare, distinte, spiccate, con un accento arcano, come se una mano maestra e divina avesse toccato i tasti. Le mani del conte si agitavano convulsivamente. Il suono proseguiva. Il canto prendeva degli accenti inimitabili di musica celeste.

E il berrettino di Garibaldi, e il viso tondo della Doralice, la barba bionda dell'eroe e gli occhi della ragazza gli erano fissi nella mente giorno e notte e si confondevano in un desiderio smanioso, indistinto; in un primo amore arcano, irrequieto per la patria, per l'Italia che egli si raffigurava come una donna giovane e bella, colla faccia della bambinaia.