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Aggiornato: 3 giugno 2025
Dopo il Liceo, in cui fu suo caro maestro Leopoldo Marenco, studiò legge privatamente, cosa di cui si lamentava sempre per non aver potuto apprendere nel libero consorzio universitario la scienza della vita e una maggiore sicurezza di sè stesso. E veramente in lui a trent'anni tremava ancora il fanciullo.
Uscendo dalla scuderia Andrea confermò i detti di Pasquale e ne fece i commenti; egli asserì che il cocchiere rubava la avena, e preferiva il somaro, perchè la povera bestia non si lamentava d’esserne intieramente privata, quando a Falcone era obbligato di darne almeno una parte per farlo tacere. Pasquale va in furia, disse Andrea, per questa esigenza del cavallo, bestemmia, e lo bastona.
Era scoraggiato; non li combatteva più con fede, dopo di aver letto che, ammazzati i microbi di una specie, si faceva un favore a quelli di un'altra; la quale così prendeva rigoglio, si moltiplicava più rapidamente. E l'infelice impallidiva leggendo giornali, riviste mediche, che poi si lamentava parlavano turco per non farsi capire e far disperare un galantuomo che voleva istruirsi.
Verso le cinque pranzavano, Silvio contemplava sua moglie da vero innamorato, la trovava sempre più bella, e non si accorgeva che la minestra era scipita, il manzo duro e poco cotto, ma Metilde chiamava la Betta e se ne lamentava, questa accusava il beccaio, e protestava d’aver soffiato tutto il giorno nel fuoco. Il primo giorno avevano ancora fame dopo finito il pranzo.
Come tutti i sanguinarii, era di modi carezzosi. Parlava con dolcezza e non si lamentava mai della sua sorte. Una volta che gli domandai se pensava di rientrare nella vita sociale, mi offerse una presa di tabacco con una spallata di sprezzo. Pareva volesse dire: Societ
Si lamentava tutta la notte, piangendo sola, con la testa abbandonata che aveva fatto il fosso nel cuscino. Nel giorno della Epifania, Nunziata entrò a vederla e le spuntarono le lacrime agli occhi. Lei poverina, le sorrise, le mostrò, senza parlare, l'arancia che aveva nascosta sotto alla coperta, sul petto. Senti disse Nunziata ti vengo a far compagnia. Io ti voglio bene. Sai oggi che festa è?
Un gran turbamento invase l'anima della giovane donna; di colpo rinacquero in lei tutti i sospetti d'un tempo: la si fece subito nel contegno più fredda e più fiera, tenne sempre a' suoi fianchi i bambini. Emilio non mostrò di accorgersene. Alla fine del pranzo, al padrino che si lamentava della insistenza di certi incomodi, Emilio disse: Ciò proviene dalle notti insonni che lei passa.
Cinque coltellate, nè più, nè meno. La donna si lamentava, si guardava intorno smarrita, mormorando: Sant'Anna mia! Ve faccio nu voto!... Scanzateme!... Uh! Uh!... Chiano, chiano!... Veniva da Piazza Francese, da una delle due suburre napolitane. Aveva denti e capelli splendidi, una mano piccolissima. Gli occhi grandi, azzurri, pieni di lacrime, lucevano. Si chiamava Serafina.
Sopra una barca di concio vedemmo all'incerta luce che veniva dalla piccola porta, un'involucro di carne; da questo partivano i lamenti e, cosa strana, questi lamenti non ci parvero d'uomo; ma che lì dentro ci fosse una donna? accesi con mano tremante un fiammifero, mi appressai... un urlo mi partì dalla strozza, il lume mi cadde di mano, chè io non poteva credere a ciò che mi si parava davanti; era, purtroppo, una povera donna colei che si lamentava in tal guisa e in quella povera donna io riconobbi Aissa.
L'Imperatore si lamentava e lord Castlereagh si interponeva per lui; ma il Governo francese tergiversava e non pagava, perchè sospettava probabilmente che l'esiliato volesse servirsi dei suoi denari per un qualche colpo di Stato; nella miglior ipotesi si temeva un'irruzione in Italia; che potesse però tentare uno sbarco in Francia, non passò per la mente a nessuno.
Parola Del Giorno
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