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Aggiornato: 21 maggio 2025
D'aritmetica Anne-Marie capiva poco. Di geografia niente. Con occhi vacui accennava a due punti sulla carta geografica e diceva: «Skagerrack e Kattegat». Queste erano le uniche due parole che voleva tenere a mente. Ma insomma, diceva Fräulein, sei ridicola col tuo Skagerrack e Kattegat. Questa è la Gran Bretagna....
Che strana figura! Per un pezzo rimanemmo tutti attoniti a guardarlo. È un uomo sulla sessantina, mulatto, quasi nero, di mezzana statura; ha una testa grossissima e oblunga, due occhi lampeggianti che lanciano uno sguardo astutissimo, un gran naso forcuto, una gran bocca, due file di denti enormi, un mento smisurato; e malgrado questi tratti ferini, un sorriso affabile, un'espressione benigna e modi e inflessioni di voce quanto si può dire cortesi. Ma con nessuna gente quanto coi mori, dice chi li conosce, è facile ingannarsi giudicando l'animo dall'aspetto. Non nell'animo però, nella testa di quell'uomo io avrei voluto vedere! Non ci avrei trovato per certo una grande dottrina. Forse non più che qualche pagina del Corano, qualche periodo della storia dell'Impero, qualche vaga nozione geografica dei primi stati d'Europa, qualche idea di astronomia, qualche regola d'aritmetica. Ma in compenso, che profonda conoscenza del cuore umano, che prontezza di percezione, che sottigliezza di scaltrimenti, che trama intricata di faccende lontanissime da ogni nostra consuetudine, quanti curiosi segreti di reggia, e chi sa che guazzabuglio di rimembranze d'amori, di supplizi, d'intrighi, di vicende strane e tremende! E c'era fors'anche, sotto quel bianco turbante, un concetto della civilt
Egli mi interrogava sui miei studi, mi parlava di pedagogia, di metodica, d'aritmetica; io rispondeva sbadatamente, pensando a quella finestra. Finito il pranzo, mio zio si ritirava a fare il suo chilo, ed io ritornava alle mie estatiche contemplazioni. In casa Brisnago pranzavano molto più tardi di noi, e talvolta prima del pranzo andavano a fare un giro pel corso.
Il Manzoni a scuola. Io non mi fermerò ora a darvi notizie della culla del Manzoni, che fu ritrovata e si conserva in una villa del signor Rosinelli a Mozzana sopra Galbiate; nè della cascina detta La Costa, ove il grand'uomo fu allattato da Caterina Zanzeri, nè di questa nutrice, la quale vogliono che fosse svelta, vivace e piacevolona. . Ma non è senza importanza il fatto che a soli sei anni il fanciullo Manzoni fu allontanato da casa sua e chiuso nel Collegio de' Frati Somaschi di Merate, ove rimase dall'anno 1791 all'anno 1796. La mamma ve l'accompagnò, ma scomparve intanto che il fanciullo era tenuto a bada da un frate maestro. Si possono facilmente immaginare gli strilli del povero fanciullo non appena egli s'accorse che la mamma sua l'aveva lasciato; ma, poichè ad uno de' prefetti parve pure che il pianto durasse troppo, il fanciullo ricevette un colpo sulla guancia accompagnato da queste parole: "E quando la finirete di piangere?" Quello fu il primo dolore provato dal grand'uomo, che se ne rammentava anche negli ultimi anni della sua vita. "Buona gente (del resto egli concludeva, parlando di que' suoi primi istitutori), quantunque, come educatori, lasciassero troppo a desiderare che fossero prima un po' più educati loro stessi." I frati di Merate lo avvezzarono dunque ai primi castighi. Ad undici anni, Alessandro Manzoni passò nel Collegio di Lugano, ove gli toccò la buona fortuna di avere tra i suoi maestri il buon padre Francesco Soave, onesto letterato e, per quei tempi, educatore assai liberale, sebbene s'indispettisse contro il nostro piccolo scolaro, che s'ostinava a scrivere le parole Re, Imperatore e Papa con la prima lettera minuscola. Il Manzoni parlando un giorno del Soave a Cesare Cantù gli disse, tra l'altre cose: "Teneva nella manica della tonaca una sottile bacchetta, presso a poco come quella che fa i miracoli dei giocolieri; e quando alcuno di noi gli facesse scappare la pazienza, egli la impugnava, e la vibrava terque quaterque verso la testa o le spalle del monello, senza toccarlo; poi la riponeva e tornava in calma." Al Manzoni rincresceva d'avere talvolta inquietato quel Padre, che tanto fece, sebbene non sempre il meglio, per l'istruzione della gioventù. Narrava pure il Manzoni come una volta gli scappasse detto in iscuola "ne faremo anche a meno," quando il Padre Soave annunziò che fra poco ci sarebbe stata la lezione d'aritmetica. Il Padre maestro si levò allora dalla cattedra, e si mosse gravemente verso il piccolo ribelle, che si sentiva gi
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