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Aggiornato: 20 giugno 2025


Fervorosamente tutti pregarono agli altari, poi supplicarono voler passare la notte in preghiere per l'anima del defunto, chè al domani gli avrebbero cantato messa, l'avrebbero sepolto, e sarebbero tornati al campo per dimandare a Roberto di mantenere la sua parola, avendo quel di Malvito mantenuta la sua.

Per noi italiani è quasi un debito non ignorare almeno le cose minori che non sono poi le meno belle di una inglese che fu italiana di elezione e che ha cantato le speranze, le gioie, i dolori del nostro risorgimento nei componimenti Napoleone III in Italia, Prime nuove da Villafranca, Commiato fra amanti, e in Poetessa e madre; di una inglese che, annunciando la morte di Cavour, scriveva: «Posso appena comandare alla voce ed alla mano di nominarlo.

Poscia si diffuse sulle sorgenti termali di Castiglione e di Scroffa, e ci fece gustare il duplice ficu cantato da Orazio.

Molti anni dopo, se talvolta accadde a Nancy di pensare che forse sarebbe stato meglio se avesse trattenuta dai concerti e dal pubblico la sua bambina se dubitava di aver errato permettendole di diffondere sul mondo tutta la sua giovine anima canora, il ricordo del Silente Violino, chiuso nella sua prigione di cristallo, le tornava alla memoria: il Violino che era morto per non aver cantato, morto del suo proprio silenzio.

La signora armena aveva consegnato la collana alla principessa, che l'aveva gettata nel cassetto di uno stipo nella sua camera, lasciando la piccola chiave d'argento nel cassetto. Antonietta, dopo che ebbe cantato il suo pezzo, domandò di partire, allegando che aveva bisogno di riposo. La principessa l'accompagnò sino all'anticamera e la baciò.

Ma il volpone voleva tastar prima il terreno: operare con cautela era la sua massima, e trattandosi di ciò non perdeva mai la bussola. Fece cadere il discorso su don Alessio. Per indisporre Castrenze contro il vecchio, gli disse ch'era stato lui a buscherarlo nell'elezioni: l'aveva cantato chiaro a cena, la sera ch'era arrivato don Giovannino, il nipote.

Un urlo che parve di selvaggi tuonò sul piazzale, destando un'eco solenne dalla chiesa; poi s'intese l'inno cantato da voci gravi, diverse; e ad ogni tratto nuova gente, signori e villani alla rinfusa, si mettevano in coro.

Su qualche tronco le cicale ostinate mandavano con le elitre uno stridulo saluto al giorno agonizzante. Aliava intorno lo spirito del bosco, che chiedeva ombra dopo tanto sole. Il cielo trascolorava: si smorzava la porpora, si faceva opaco l'oro. Nicla parlò sottovoce, mentre, appoggiato un gomito sulle sue ginocchia, Bruno la guardava. Qui ti ho cantato i versi la prima volta, ella disse.

Viva il generale Cialdini, vincitore dei Borbonici e dei cafoni al Macerone presso Isernia. Viva il re galantuomo! Prima ingratitudine contro il Liberatore, di cui la serie la palla d'Aspromonte non chiuse. Noi tumultuando urlammo Viva Garibaldi! Rivolemmo ostinatamente l'inno, e l'inno fu cantato e ricantato.

Signore, signore, disse qualcheduno vicino a me scotendomi forte per una spalla, signore, si svegli. Quegli che mi scuoteva per la spalla era il negoziante bolognese che la sera innanzi aveva cantato in chiave di tenore. Ma come? balbettai confuso. Dove siamo? Per bacco! Sul vapore... e gi

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