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Aggiornato: 28 giugno 2025


RUFINO. State a udire. PRUDENZIO. ... sia da bene, savia e morigerosa e che la Spettabilitá Sua non cogitet ch'un paro nostro, disciplinato nelle liberale arti, incumba a simile vanitá: quia «vanitas vanitatum et omnia vanitas»; ché sapete bene che, nocturno tempore, vanno li vespertilioni. CURZIO. Ve possino venire a voi queste biasteme! MALFATTO. Ámenne. El cancaro ancora!

Che , che , ch'io sarò indivino! LELIA. Addio. ISABELLA. Udite: vi volete partire? SCATIZZA. Basciala, che ti venga il cancaro! CRIVELLO. L'ha paura di non esser veduta. LELIA. Orsú! Tornatevi in casa. ISABELLA. Voglio una grazia da voi. LELIA. Quale? ISABELLA. Entrate un poco dentro a l'uscio. SCATIZZA. La cosa è fatta. ISABELLA. Oh! Voi sète salvatico! LELIA. Noi sarem veduti.

VIGNAROLO. Un truffatore mi ha tolto una borsa con dieci ducati. ARPIONE. Mi dispiace non poter aiutarvi per mia disgrazia! VIGNAROLO. Anzi per mia, per me solo! ARPIONE. Come stava fatto? VIGNAROLO. Con una ciera di ladro proprio come la tua; ma teneva un empiastro agli occhi come quelli che si pongono su le pannocchie. Che il cancaro si mangi tal razza di uomini! ARPIONE. A voi mi raccomando.

CURZIO. Che domino poteva far costui? RUFINO. Fatevi conto ch'el dove a merendare. CURZIO. Fa' che tu gne llo ricordi la prima volta ch'erra, se tu me vòi esser amico. TRAPPOLINO. Buon . Entrate. CURZIO. Non curar, giotton, forfantello! MALFATTO. Vedi che non ho voluto fare a modo del patrone, che li venga el cancaro a lui e a chi lo vede adesso!

PRUDENZIO. Alzalo dunque a quel modo, ché volo ut tu discas che totiens quotiens... MALFATTO. Non ce vole venire, vedete. PRUDENZIO. Alla , che, quando te do a fare i latini, voglio che tu li facci meglio che se fussino in vernacula lingua. LUZIO. Oimè! oimè! oimè! oimè! MALFATTO. Non me date a io, che ve venga lo cancaro! LUZIO. Oimè! oimè! Dio mio! MALFATTO. Oh potta del diavolo!

RUFINO. Camina, camina pure: non dubitare. MALFATTO. E dove vòi ch'io camini? RUFINO. A trovar lo mastro tuo che ha pigliato moglie. MALFATTO. E tu come te chiami? RUFINO. Me chiamo Rufino. E camina, se vòi, ché l'è tardo! MALFATTO. Oh Ruffiano! Aspetta un poco. RUFINO. Non posso, ché ho da fare. MALFATTO. Va' pur, adunque, ch'io verrò bene, . Oh venga el cancaro!

LECCARDO. Cancaro! bisogna star in cervello con voi! MARTEBELLONIO. Quando mi porterai nuova che vada a giacer con lei, ti farò un pasto da re.

CECA. Tu non lo credi, neh vero? MALFATTO. Che vòi ch'io creda? CECA. Che te farò andare a pichiare altrove. MALFATTO. Oh! non sono stato io. CECA. E chi è stato? MALFATTO. Uno ch'è andato giú adesso. Ma, de grazia, chiamame un poco quello che mena, ché lo vole lo mastro. CECA. Tu vòi forsi Minio. MALFATTO. , cancaro li venga! CECA. Venga pur a te. Aspetta, ch'ora lo chiamo.

STRAGUALCIA. È quello al qual i modanesi volevon far la guaina? e che dicono che la sua ombra fa impazzar gli uomini? PEDANTE. , cotesto. STRAGUALCIA. Io so ch'io non uscirò di cucina, per me. Chi ci vuole andar ci vada. Or sollecitiam d'alloggiare. PEDANTE. Tu hai una gran fretta. STRAGUALCIA. Cancaro!

CRICCA. Dell'astrologo che ci rubbò li argenti. PANDOLFO. Io stavo col pensiero ad Artemisia e pensava che ragionasse di lei! Che cosa mi volevano restituire? CRICCA. L'argentaria. PANDOLFO. Cancaro mangia te e l'argentaria! CRICCA. Non vi basta l'aver perdute tante robbe; ed è il peggio, della burla che vi è stata fatta: e pur col pensiero ad Artemisia?

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