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Aggiornato: 7 maggio 2025
57 Grande ombra d'ogn'intorno il cielo involve, nata dal saettar de li duo campi; l'alito, il fumo del sudor, la polve par che ne l'aria oscura nebbia stampi. Or qua l'un campo, or l'altro l
La strada è sorretta ad un terrapieno, fra i campi di biada, e le siepi, colla compagnia dei pali telegrafici e dei cantonieri dalla banderuola svolazzante. Respiriamo!... Abbiamo gi
Da Capo Bianco ci avanziamo sui pendii dolci dei colli. Il paesaggio Sabino si spiega dinanzi agli occhi come un gran panorama di montagne di alto stile, verso cui sale una maestosa distesa di campi, di colore violetto nella lontananza, sulla quale si può seguire collo sguardo il volo delle aquile del Lazio. Si erge lì presso la possente piramide di Monte Gennaro sopra Tivoli; a destra i monti Prenestini, i monti Volsci, e le belle alture di Frascati, tutto soffuso di un tenue color di giacinto e piene d'una maest
Grigia, minuta, a larghe falde, piove la cenere dal cielo ottenebrato, e ricopre la terra, e seppellisce i viventi. Nei campi agguagliati, piccole elevazioni indicano il posto di una tomba; ma ben presto quelle pieghe si livellano anch'esse, e per l'immenso cimitero dei mondo niun segno distingue più la cenere della terra dalla cenere delle generazioni mietute... Così cantava l'organo.
La signora Emilia aveva squadrato con un colpo d’occhio il nuovo amico di casa, aveva veduto subito che la sua biancheria era di manifattura francese, che il taglio delle vesti era di Milano, aveva saputo dal marito che il giovinotto dimorava in una villa signorile nei dintorni di Treviso, un piccolo Trianon, un parco all’inglese, cogli alberi più alti del palazzo, con una vasta estensione di bosco, una cascata, un lago, dei frutteti, delle vigne, dei campi come se ne vedono pochi.
Ma la costanza e l’efficacia dell’opera sociale di Luigi Majno non rimasero arenate nella crisi. Continuò l’opera a scorrere, fiume benefico, diramantesi per cento canali a fecondar campi ed orti.
Piangeva, sì, quel canuto montanaro, piangeva, ma non per affetti terreni, non per ricordanze dolorose, non per paura del futuro, piangeva di rassegnazione, e nella sua prece invocava siccome grazia suprema la morte: povero e solo, fiacco e combattuto, che sarebbe stata per lui la vita? a somiglianza del passero, che abbandonato dalla compagna o perduto fra i campi di terra non sua piange, disperasi e muore, il vecchio isolano sarebbe perito fra gli stenti sprezzato e solitario!
2 e nel fuoco gli accese di Vulcano, e diè lor non potere esser mai spenti: e portandosi questi uno per mano sul carro che tiravan dui serpenti, cercò le selve, i campi, il monte, il piano, le valli, i fiumi, li stagni, i torrenti, la terra e 'l mare; e poi che tutto il mondo cercò di sopra, andò al tartareo fondo.
Dalla terrazza del mio albergo io vedeva a destra, a sinistra i campi arati che dormivano sotto la tranquilla luce lunare; in capo alla viottola fiancheggiata di querciuoli, dopo una discesa di cinquanta passi dall'albergo, dormiva, tutta bianca, con due finestre nere, la piccola stazione; lontano, dopo una spiaggia deserta, dormiva la grande linea dell'Adriatico.
La vita del mediero è meno incerta di quella del peone, ma non meno dura. Egli vive isolato in mezzo alla sterminata pianura. Spesso il centro di popolazione più vicino dista delle leghe. Una visita del medico costa venti pesos alla lega (50 lire). In caso di malattia ogni cura efficace è impossibile. Nell'estate, quando il grande calore corrompe l'acqua dei pozzi, il tifo ed il vaiolo mietono intere famiglie. In quella triste stagione è comune il vedere attaccato alla porta delle casupole un cencio nero, che si agita al vento tropicale soffiante dal Brasile e dal Paraguay caldo come il soffio d'una fornace. Quel cencio nero che sembra un uccellaccio di malaugurio agonizzante, significa che la morte è passata da lì: è il segno del lutto. La durezza delle condizioni fatte dal proprietario costringe il mediero a coltivare molta più terra di quanto sarebbe in grado di fare. Questo rende i lavori campestri eccessivamente faticosi. Il padrone sfrutta il mediero, e questi sfrutta la terra. La coltivazione si riduce allo strappare al suolo quanto più prodotto è possibile col minimo di lavoro, in proporzione alla superficie. Una famiglia normale coltiva circa cento ettari di terra. Le operazioni campestri debbono ridursi a due sole, per mancanza di tempo e di forza: la semina e la raccolta. La terra non sente la cura continua, operosa, della mano dell'uomo; non viene rinvigorita dalle concimazioni, nè liberata dalle male erbe. Si spossa rapidamente; dopo otto dieci anni, la sua forza produttrice declina rapidamente. L'uomo è costretto ad abbandonarla; essa ritorna pascolo; il deserto la invade di nuovo. Il proprietario è molto ricco, e poco gl'importa di sostituire l'agricoltura con la pastorizia nelle terre sfruttate; ma il mediero, salvo casi non troppo comuni, è sempre povero. Esso abbandona i campi ingrati in cerca di nuovo lavoro, ma con molto coraggio e molte illusioni di meno. È incalcolabile il numero di medieri che in quest'anno di misero raccolto sono tornati ad essere peoni. Ricordo d'averne incontrati tanti e tanti nelle colonie di Santa Fè e di Rosario, tragiche figure di affamati. Sono venute le annate di buon raccolto, ma essi non hanno potuto profittare della prosperit
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