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Aggiornato: 12 giugno 2025


LECCARDO. Non si può, perché è cosa troppo lunga si può esprimere in una parola; e la stanchezza m'ha tolto il vigor del parlare. DON FLAMINIO. Mentre hai detto questo, aresti detto la metá. LECCARDO. La vostra Ca... Cari... Carizia... DON FLAMINIO. La mia Carizia.... O buon principio! spediscela, di grazia. LECCARDO.... sará vo... vostra:...

E tu che m'hai apparecchiato? LIMA. La berretta per il tuo capo e la lanterna per la tua candela; ché non aresti con che coprirti il capo quando piove, e non avendo lanterna, il vento ti smorzarebbe la tua candela. CAPPIO. Orsú, entriamo ad accenderla; va' prima e ponti in ordine. LIMA. Noi stiamo sempre in ordine; ponti a ordine, e per non farmi aspettare, entra innanzi tu o vienmi dietro.

FESSENIO. Se tu avesse navigato, il saperresti: perché aresti visto spesso che, volendo mettere in una piccola barca le centinara delle persone, non vi enterriano se non si scommettesse a chi le mani, a chi le braccia e a chi le gambe secondo il bisogno; e, cosí stivate, come l'altre mercanzie, a suolo a suolo, si acconciano che tengano poco loco. CALANDRO. E poi?

Figlia d'infelice e sfortunato padre, chi t'ha prodotto al mondo t'ave uccisa: aresti trovato piú pietá in un barbaro che in tuo padre! O dolore insopportabile, o calamitá mondane! e perché vivo? perché non m'uccido con le mie mani?

TRASILOGO. Però lascia tante parole: comincia. SQUADRA. Cominciarò. TRASILOGO. Se avessi cominciato non aresti tolto questa fatica a dirlo. SQUADRA. Dammi l'orecchio. TRASILOGO. Eccoti l'uno e l'altro. SQUADRA. Poiché questo romano si è finto Eugenio e sotto nome di fratello di Olimpia è intrato in casa di Sennia con dir che Teodosio sia morto dieci anni sono,...

fu mai figlia puttana, che la madre o la balia non le sia stata ruffiana. BALIA. Non vi potete doler di me, padron mio. ORGIO. Se tu m'avesti stimato padrone, e non una bestia, non mi aresti trattato nel modo che m'hai trattato. BALIA. Di che vi dolete di me? ORGIO. Chi ha portate e riportate l'ambasciate fra quel giovane e Sulpizia? o ridotti i loro amori nel termine dove or sono?

CHIARETTA. Ho tanta allegrezza che Carizia, la mia padrona, sia maritata che pare ch'ancora io sia a parte delle sue dolcezze. LECCARDO. Maggior dolcezza aresti, se gustassi quello che gustará ella quando staranno abbracciati insieme. CHIARETTA. E se fusse a quei piaceri, ne gusterei ancor io com'ella: che pensi che non sia di carne e d'ossa come lei? o le membra mie non siano fatte come le sue?

PIRINO. Dio ti salvi, reina di tutte le belle. MELITEA. Io regina? io bella? O con quanta piú ragione mi aresti chiamata la piú miserabile di quante vivono. PIRINO. Mi comandate che balli un ballo e vi canti una canzona? Rispondetemi. MELITEA. Il dolore è cosí impadronito di me, che sto con l'animo tanto lontano da me quanto ti son vicina col corpo.

DON IGNAZIO. O mio caro fratello, o mio carissimo don Flaminio, ché piú desiderata novella non aresti potuto darmi in la mia vita! DON FLAMINIO. Con patto espresso ch'abbiate a sposarla per questa sera. DON IGNAZIO. Or tal patto non potrò osservarlo. DON FLAMINIO. Come? DON IGNAZIO. Perché non basterei a contenere me stesso in tanto desiderio di non gir a sposarla or ora.

NARTICOFORO. Io mi contento e plus quam contento che sia Ersilia di Cintio, che quella piú di Cleria io exoptava. GERASTO. Io ti scioglio, Carisio caro; e ponendoti tu in mio luogo, credo che essendo onorato, come ti stimo, aresti fatto altrotanto a me. Ma chi è quello cosí contrafatto che mi avete condotto in casa?

Parola Del Giorno

branchetti

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