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FILOCRATE. Accetta questo, prima; e dammi realmente la tua fede di quello che ti voglio dimandare dirmi la veritá. FRONESIA. Son ben villana a pigliar gran dono! Pur, l'accetto, offerendomi a te parata sempre. T'impegno la mia fede. E ti giuro di non mancar, sopra l'anima mia, se gli è cosa ch'io sappia; e dirti il vero, come farei al frate.

TEODOSIO. Consorte carissima, poiché sei giá fatta chiara ch'io sia Teodosio tuo marito che un tempo amasti con tanta fede e amore, se per l'altrui inganni mi scacciasti da te, dammi ora licenza che ti possa ricevere in queste braccia. SENNIA. O Dio santo e benedetto, chi è piú contenta di me in questa vita?

Ah che de la mia vita il tempo è corso, E di me la memoria mi tormenta; Però squarciami il cor, dammi soccorso Contra la morte ch'a venirne è lenta. Allor Georgo: ed a che dir sei corso? Parti ragion, che tai parole io senta, Ch'offenda te, che te di vita io privi? Io, ch'amo il viver mio perchè tu vivi.

Si disperdono. Se ne vanno, se ne vanno. E pensavo male di te, e ti giudicavo male. Sta qui colla mente. Sta qui con me, dammi retta, sentimi, bisogna che mi confessi, bisogna che tu sappia quello che pensavo di te. Il male che mi veniva dagli altri era più grosso e più violento, ma quello che pensavo di te, mi mordeva nel punto più profondo e più delicato dell'anima.

Dammi lo sciallo. Grazie anche una volta, don Omobono. E Lucia si avviò rapidamente verso la porta. Il povero prete non ne poteva più; la fiducia di Lucia, la sua gratitudine, le espansioni del suo amor materno, erano altrettanti colpi di pugnale per lui, che sapeva d'esser venuto a far la parte di Giuda.

Sergio poggiò la tazza sul mobile vicino al suo letto, e, leggendo sempre la scritta della moglie, o sorbendo a centellini la bevanda profumata, le disse: Andremo a continuare. Dammi i fogli allora rispose Regina. Prendi un altro quinterno replicò Sergio senza levar gli occhi dal manoscritto. Non v'è che della carta a lettere.

Egli le aveva messo una mano sul collo scendendo ad accarezzarlo sotto il bavero della giacca, e col volto quasi sul volto glielo bruciava coll'alito. Dammi un bacio. Ella glielo diede.

E vai così, alla ventura, senza un'idea, senza la stessa percezione di ciò che fai? È deplorevole, è veramente deplorevole.... La contessa tacque; aveva udito, lontano, fin dalle ultime camere, un passo cauto e lento; indi a poco, sulla soglia comparve un valletto in livrea verde scura, e s'inchinò. Pranzi in casa, Flopi? disse con voce mutata la contessa. Dammi il braccio. Stasera siamo soli.

Sappiate che per un mirabile accidente, per un benevolo incontro di fortuna, è successa cosa tutta contraria a quella che minacciava la presente confusione. ATTILIO. Dammi un succinto raguaglio del fatto. TRINCA. Orgio, avendo visto la balia ragionar con Erotico, la batté sconciamente. EROTICO. Oimè, che dici? questa è una mala nuova per me.

Aminta lo vide stralunato, ma attribuì quella condizione di spirito all'angoscia del distacco. Animo, dunque! gli disse. Dammi un abbraccio e parti. Gino gli gettò le braccia al collo e lo baciò ripetutamente sul viso. Sempre uniti, non è vero? Qualunque cosa accada, siamo l'uno per l'altro; mormorò Gino singhiozzando. Casa Guerri ha in me più che un amico riconoscente. Un fratello per te.