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I Romani timorosi di assalti tenevano custodito il confine dal lato di Napoli, con molto loro non meno incomodo che jattura, chè la gente sparsa non potè esercitarsi nelle armi, onde l'avemmo a provare poi valorosa non perita; erano le diligenze del governo o inopportune o troppe, che fatta anco la tara, come di giusto, alle jattanze napoletane, non si poteva mettere in non cale la perpetua minaccia di rompere i confini: quotidiane per di più le provocazioni, imperciocchè parecchie barche scorressero su e giù pel lago di Fondi acclamando a gran voce: «viva il Papa! viva il Re!» a cui come di ragione i nostri rispondevano sempre: «viva la RepubblicaPeggio di tutto un laidissimo tradimento: gli ufficiali napoletani di presidio al confino venendo spesso ai quartieri dei nostri per conversare, e per bere indussero i nostri a visitarli nei quartieri loro dove festosamente accolti si trattennero alquanto in compagnevoli sollazzi, ma sul punto di congedarsi si vedono circondati da molta mano di carabinieri ed odono intimarsi la resa: non ci era da fare riparo, andarono, eccetto due il quartiermastro Bizzani che appiccato un solenne ceffone su la faccia di un gendarme si prevalse del costui stordimento per fuggire, e scappò del pari il sargente maggiore Bemi che giocando di pugni e di calci usciva loro dalle mani; si richiesero tosto con minaccia, e con minaccia fu risposto averli mandati a Mola di Gaeta perchè il Generale supremo Casella gl'interrogasse; allora misero le mani addosso ai fratelli dello Antonelli ammonendoli, che essi sapevano, e non per nulla, la legge mosaica occhio per occhio, dente per dente.

Il marchese Gioachino Pepoli fece la sua apparizione nel mondo politico con un buon libro sulle finanze del Governo pontificio un colpo di fulmine che gittò la dirotta e lo scompiglio nella consorteria del cardinale Antonelli.

Nel principio del suo regno, quando egli bandì le riforme liberali, il suo primo desiderio fu quello di procacciarsi la fama dell'innovatore benefico, dell'uomo clemente e generoso. Fu allora che il partito retrogrado spinse le cose all'estrema rovina: quell'uomo debole si smarrì in faccia alle conseguenze della politica da esso inaugurata, e si lasciò andare come perduto in braccio di quel partito. Riposto sul trono riconquistato dalle armi straniere a prezzo di tanto sangue, il Papa non doveva regnare più che di nome. Il cardinale Antonelli, interprete della grande maggioranza dei cardinali, fu il vero sovrano; non così però, che anch'esso non dovesse subire lo sterminato potere dei gesuiti, che sopra ogni altro domina in Roma, e contro il quale nessuna potest

Pio IX ascoltava tacendo; non rispose, non fiatò. Stese la mano sulla tavola, prese la carta che aveva scritta poco prima, e la lacerò. Il gesuita comprese il suo trionfo e sorrise. Nello stesso tempo veniva annunziato il cardinale Antonelli. Datemi quel foglio, disse il Papa al Camerario. E indicò la sentenza, ch'era rimasta sul cuscino dell'inginocchiatoio.

Ma la questione in parole, e pubbliche e schiette, ripeto, potevasi intanto trattare, e dovevasi, anco per manifestare a Napoleone III i voti legittimi della nazione; al che egli disse di badare, e anche non volendo ci bada. Speravo che il mio scrittarello potesse essere inteso da tutti, come fu da moltissimi, per il suo verso: ma parve a taluno che, laddove io proposi lasciassersi i sudditi del Papa assaggiare altro governo, e poi, se loro meglio piacesse, ritornassero agli Svizzeri e al Papa, io proponessi sul serio un nuovo regno del Cardinale Antonelli. Che rispondere a interpretazioni tali? Che siamo in Italia; e che il fio della servitù lunghissima, e della poca intelligenza de' fatti e del linguaggio civile, bisogna pagarlo, e caro. Ora però dico sul serio che, se gl'Italiani non fanno senno, anco liberati dai Papi, quel ch'io davo come sfida dell'impossibile, diventer

In Roma i gesuiti sono i padroni veri della situazione, e usufruiscono del pari le truppe forestiere, l'obolo di San Pietro, le credenze religiose, e le influenze politiche. Il Papa, capo apparente della chiesa e il cardinale Antonelli, che regge il governo temporale di Roma, stanno sotto il dominio dei gesuiti.

Il cardinale Baldoni guardò in faccia l'Antonelli, che teneva le labbra inarcate a un ghigno beffardo. Quell'incidente della rivista gli pareva uno stratagemma del Segretario di Stato. Antonelli si avvicinò a una finestra: e sollevò la cortina. Ecco, disse, che la truppa è schierata in Piazza San Pietro e senza dubbio aspetta l'arrivo di Vostra Beatitudine.

Con un tratto di penna può salvare due vite umane, e vuole pensarvi! Zitto, che Antonelli non vi senta, disse piano il Papa. Baldoni si volse, e vide Antonelli, che in quel momento esprimeva col riso la sicurezza del trionfo. Baldoni volse un'occhiata di compassione al Pontefice, poi s'inginocchiò in atto di congedo.

Allora gli zuavi s'inginocchiarono, la bandiera si abbassò, e il colonnello in ginocchio anch'esso sul terreno aspettò la visita del sovrano. La carrozza del Papa si fermò innanzi alla truppa; i servi apersero lo sportello. Il cardinale Antonelli e un prelato, ch'erano in compagnia del Pontefice, lo aiutarono a scendere.

Chi leggesse per primo lo scritto intitolato Il Papa non è Re, ma il Cardinale Antonelli, o l'altro l'Italia di mezzo, badi che alcune delle cose toccate in quelli hanno al possibile dichiarazione dagli altri nell'opuscolo contenuti. Dico al possibile, perchè certe cose non è lecito esprimere nelle stagioni che la libert