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I Romani timorosi di assalti tenevano custodito il confine dal lato di Napoli, con molto loro non meno incomodo che jattura, chè la gente sparsa non potè esercitarsi nelle armi, onde l'avemmo a provare poi valorosa non perita; erano le diligenze del governo o inopportune o troppe, che fatta anco la tara, come di giusto, alle jattanze napoletane, non si poteva mettere in non cale la perpetua minaccia di rompere i confini: quotidiane per di più le provocazioni, imperciocchè parecchie barche scorressero su e giù pel lago di Fondi acclamando a gran voce: «viva il Papa! viva il Re!» a cui come di ragione i nostri rispondevano sempre: «viva la RepubblicaPeggio di tutto un laidissimo tradimento: gli ufficiali napoletani di presidio al confino venendo spesso ai quartieri dei nostri per conversare, e per bere indussero i nostri a visitarli nei quartieri loro dove festosamente accolti si trattennero alquanto in compagnevoli sollazzi, ma sul punto di congedarsi si vedono circondati da molta mano di carabinieri ed odono intimarsi la resa: non ci era da fare riparo, andarono, eccetto due il quartiermastro Bizzani che appiccato un solenne ceffone su la faccia di un gendarme si prevalse del costui stordimento per fuggire, e scappò del pari il sargente maggiore Bemi che giocando di pugni e di calci usciva loro dalle mani; si richiesero tosto con minaccia, e con minaccia fu risposto averli mandati a Mola di Gaeta perchè il Generale supremo Casella gl'interrogasse; allora misero le mani addosso ai fratelli dello Antonelli ammonendoli, che essi sapevano, e non per nulla, la legge mosaica occhio per occhio, dente per dente.

Unde giongono orribili, per farle paura con laidissimo aspecto e con molte e diverse fantasie; ma, perché ne l'anima non è veleno di peccato, l'aspecto loro non le quel timore mecte paura come a uno altro el quale iniquamente sia vissuto nel mondo.