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Aggiornato: 18 giugno 2025


Lo abbiamo comandato a Finalborgo e ci hanno rinviati a Milano. Alle due e mezzo della notte del 4 settembre il capoguardia andò nelle celle dei condannati politici a dir loro di alzarsi in fretta che si doveva partire. Alle tre si trovavano nell'ottagono Romussi, De Andreis, Federici e Valera. La cella di Turati era illuminata. Vennero ammanettati e cellularizzati nell'omnibus che li aspettava.

La loro vita era piuttosto agitata. Si alzavano, alla mattina, mezz'ora prima dell'alba e ciascheduno nella propria cella, dopo il caffè, si metteva al lavoro. Turati aveva sempre un mucchio di lettere da scrivere e un numero infinito di Riviste da leggere; Romussi, il quale sdrucciolava dal letto sempre di buon umore, era sommerso nelle opere di Carlo Cattaneo, del quale stava facendo uno studio; De Andreis, l'uomo che non pensava mai alla condanna, aveva del lavoro fin sopra i capelli. Leggeva dei poeti inglesi, tedeschi e francesi -tre lingue ch'egli deve sapere benissimo studiava o piuttosto correggeva il suo latino con lo Schultz alla mano e dedicava parecchie ore a un lavoro di elettricit

Fu visto nella mattina del 7 maggio con l'amico deputato De Andreis in carrozza a Porta Garibaldi fermarsi ripetutamente a discorrere con persone del popolo; più tardi si installò negli uffici del giornale da lui diretto, ricevendo dallo stesso De Andreis, che più volte si era recato alle barricate del corso porta Venezia, notizie ed episodi. In quell'ufficio furono più tardi ambedue arrestati insieme all'avvocato Bortolo Federici, al prof. Stefano Lallici, al pubblicista Ulisse Cermenati ed all'Arnaldo Seneci, che col

Il Pubblico Ministero nella causa contro: De Andreis Luigi, fu Giuseppe, d'anni 47, nato e domiciliato in Milano, ingegnere; Turati Filippo, fu Pietro, d'anni 39, nato a Canzo, domiciliato a Milano, avvocato; Morgari Oddino, fu Paolo, d'anni 33, nato a Torino, domiciliato a Roma, pubblicista;

Ritenuto che dalla istruita procedura risulta che fino dalla prima gioventù i tre imputati De Andreis, Turati e Morgari si dedicarono quasi interamente alla politica, e con la loro attivit

Entrò un impiegato ad invitarci di andare con lui. Tutti, meno l'onorevole De Andreis. De Andreis non voleva saperne di aria libera. Si mise a protestare con parole vibrate e a dichiarare ch'egli sarebbe andato dove andavano i suoi amici. E tutti noi, compreso l'on. De Andreis, passammo in un'altra stanza, dove ci si trattenne un'altra buona mezz'ora. Aspettavamo e parlavamo sottovoce.

Che infine l'imputato De Andreis è uno dei principali ed assidui redattori dell'Italia del Popolo, giornale che ebbe sempre di mira scalzare il principio di autorit

In redazione ci si disse: Ci rincresce, ma siamo incaricati di fare una perquisizione. Nessuno di noi rispose. Tanto e tanto il nostro consenso o la nostra protesta non avrebbe contato per nulla. Si misero a perquisire. Guardavano nei cassetti del direttore e dei redattori, leggevano o scorrevano affrettatamente i manoscritti, raccoglievano le cartelle scritte o incominciate per i tavoli e frugavano e adocchiavano dappertutto. Intanto che avveniva questa operazione, Federici si era affacciato alla finestra, proprio nel momento in cui De Andreis riusciva, nella sua qualit

Qualche volta capitavano loro, durante la giornata, dei cestelli di frutta fresca, dei panettoni che obbligavano De Andreis a mettere sul tavolo la bottiglia di barolo che Turati dimenticava nell'angolo. Il deputato di Milano non voleva mai bere. Egli diceva che gli astemi vivono più a lungo e sani come corni.

Senici, in pantofole, domandò il permesso di mettersi le scarpe. Faccia. De Andreis: Vengo anch'io. Prina: Scusi, onorevole, ma io non ho ordini che riguardino lei. De Andreis: Io voglio andare dove vanno i miei amici. Prina: Se crede, s'accomodi. Cermenati: Se non siamo in arresto, noi non vogliamo essere accompagnati dagli agenti di P. S. Il delegato Gislon li fece allontanare.

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