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Il generale Türr, assente per malattia, aveva lasciato temporariamente il comando al colonnello Eber, altro pregiato ufficiale ungherese, corrispondente del Times.

Si ottenne in Talamone quanto vi fu disponibile, ed il generale Türr, inviato a S. Stefano, potè procurarsi il resto del bisognevole. In quest'ultimo porto si fece anche provvista di carbon fossile . Il bonetto generalesco, a cui si dovette in parte la riuscita della nostra impresa, nei porti toscani, non garbò ad uno dei capi del purismo, che si trovava nella spedizione.

Garibaldi era da poco a Caprera quando ricevette una lettera dal colonnello Turr con la quale gli proponeva in nome del Ministro Rattazzi di organizzare la mobilizzazione della guardia nazionale, includendovi i volontari.

«Andate a fare questa mia commissione a Garibaldi e ditegli che conto su di lui, come egli può contare su di me per il bene d'Italia». Il colonnello Turr portò la parola del Re a Garibaldi che si trovava a Fino e che subito si ritirava a Caprera. Ma non doveva trattenervi a lungo e venne il momento in cui Garibaldi dovette decidersi di passare sul Continente, e s'imbarcò coi suoi fidi compagni.

Contemporaneamente caricato a destra dai generali Medici e Avezzana, cioè da tutte le forze di Monte S. Angelo, e da sinistra da parte dei corpi dei generali Türr e Mielbitz, il nemico fu posto in fuga dovunque, perseguendolo i nostri sino sotto Capua.

Il colonnello Cosenz deliberò di opporre attacco ad attacco; il colonnello Turr si recava di persona a Rezzato e dava ordine al comandante della compagnia posta all'Osteria di mandare una parte dei suoi uomini per un sentiero traversale in forma di testa di colonna che accennasse a girare la sinistra della catena nemica.

Nel tempo stesso il colonnello Turr spinse arditamente alla carica i suoi, ma il fuoco micidiale dei nemici che coronavano il roccolo boscoso li arrestò sul ponte S. Giacomo; qui il Turr avanti a tutti comandava a voce sonora... «Passo di carica, avanti...» allorchè una palla gli trapassava il braccio sinistro poco sotto la scapola; non si arrestò per questo il bravo soldato ma seguitò a comandare e incoraggiare i militi allo assalto.

Ed ora: tre volte gloria! Ecco l'esercito leggendario, i trentamila vincitori del '60, un torrente color di fuoco, i «mille» immortali, soldati di tutti i popoli, centinaia di giovinetti e d'uomini canuti, stormi di calabresi e di «picciotti», una pleiade di generali registrati dalla storia, il Sirtori, il Cosenz, il Turr, il Lamasa, l'antico campione del Vascello; e in capo alle file dei più bravi, i morti venerabili e i feriti memorandi: il Tukery, fulminato all'assalto di Palermo, Benedetto Cairoli che gitta sangue dalla fronte, Nino Bixio che si strappa dal petto con le proprie mani la palla borbonica, Deodato Schiaffino, bello come una figura del Da Vinci, caduto sotto un'intera scarica di plotone a Calatafimi, Achille Majocchi che agita tra il fumo il braccio troncato, l'Elia che ricevette nella bocca il piombo diretto al cuore di Garibaldi, e Filippo Migliavacca, l'eroe di Varese, morto come un romano antico a Milazzo, e Pilade Bronzetti, il cui sacrificio sublime al Volturno salvò l'esercito da un colpo mortale.

Il giorno 16 il generale Lamarmora si recava a trovar Garibaldi a Nuvolento i due generali si stimavano a vicenda, e certo devono avere parlato sulle mosse ulteriori della guerra. Il 17 Garibaldi mandava a Turr che era a Brescia a curarsi la ferita la seguente lettera: Carissimo amico,

Bixio alla destra, Medici, Avezzana e Simonetta al centro, Mielbitz, Türr ed Eber alla sinistra, e Sacchi tra il centro e la destra; Sirtori, capo di stato maggiore, aveva inviato la riserva a tempo. E se si aveva combattuto con valore ed accanimento, lo accertava il gran numero di cadaveri, che copriva le pianure Capuane, e le falde del Tifate, nonchè il gran numero di feriti.