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Domandato che cosa avesse osservato nell'Imperatore, stette un po' sopra pensiero e rispose sorridendo: Aggio osservato ch'a stu paese manc' u Re porta i' calzette! Il più comico fu il Ranni. Che cosa t'è parso del Sultano? gli domandò il Comandante. M'è parso, rispose francamente e colla maggior seriet

Coll'aiuto del Profeta, il barcone fu accomodato in due ore, il Ranni ci pigliò sulle spalle e ci scaricò l'un dopo l'altro sulla prua, e giungemmo all'altra riva, coi piedi immersi fino alla noce nell'acqua che filtrava dentro da tutte le parti, ma senza esser costretti a gettarci a nuoto; inestimabile fortuna, di cui non eravamo sicuri partendo.

Il primo a comparire fu uno dei due marinai italiani, ordinanza del comandante di fregata, siciliano, nato a Porto Empedocle, di nome Ranni, un giovanotto di venticinque anni, di alta statura, di forza erculea, d'indole buonissima, sempre grave come un magistrato, e dotato della singolare virtù di non stupirsi di nulla, di trovar tutto naturale, come il Goe delle Cinque settimane in pallone, di meravigliarsi soltanto della meraviglia degli altri.

(furente, frenandosi a stento e mano mano accalorandosi fino al parossismo) Unn'è? unn'è 'ssa jattaredda morta; ca mi fa l'amica e la cunfidenti, ca finci d'intirissarisi pi mia e poi sutta sutta tira braci a lu so' cudduruni! Ca l'avi grossu chidda, lu cudduruni! Massaria ranni! putia cu du' porti! Di cca si trasi e di dd

Io cercai il cuoco per dimandargli che cosa pensasse di quel personaggio. Ma lo trovai tanto affaccendato, che non ebbi cuore di scherzare. Stava facendo il caffè e aveva intorno una folla impaziente che gli toglieva il respiro. Gli sguatteri gli parlavano arabo, il Ranni siciliano, il calafato napoletano, Hamed spagnuolo, il signor Vincent francese.

Non ha visto com'è diventato smorto e come parlava, che quasi gli mancava il fiato? Ma tu sei matto! E vuoi che lui, in mezzo a tutte le sue guardie e a tutto il suo esercito, avesse paura di noi altri? Così m'è parso, rispose il Ranni imperturbabile. Il Comandante lo guardò fisso e poi si pigliò la testa fra le mani in atto di profondo scoraggiamento.

Luigi domandava a chi fossero destinati gli schizzi a matita che facevano i due pittori sui loro album. Oh bella! rispose il Ranni al Re, si capisce. Così senza colori? domandò l'altro. Eh no: tornati che saranno in Italia, prima ci metteranno i colori e poi li manderanno. Chi sa quanto glieli pagano! Eh molto, si sa. Magari uno scudo il foglio. Un re non bada ai denari.

Dieci insieme, urlando e agitandosi, non facevano in mezz'ora il lavoro che facevano Luigi e il Ranni, militarmente silenziosi, in cinque minuti. Tutti comandavano, tutti criticavano, tutti andavano in collera, tutti tagliavan l'aria con gesti imperiosi, che parevan tanti ammiragli, e nessuno levava un ragno dal buco.

Dalle colline discesi sulla riva del mare. Qui raggiunsi il cuoco, il Ranni e Luigi il calafato, che s'unirono a me e non mi lasciarono più fino ad Arzilla. Per un'ora trottammo sulla sabbia, deviando di tratto in tratto dal cammino diritto, per scansare la marea. In quel tempo il cuoco, che per la prima volta in tutto il viaggio poteva parlarmi liberamente, m'aprì il suo cuore.

Ci fermammo a contemplarlo. Diventò più feroce. Il Ranni, senza tanti complimenti, s'avanzò per applicargli una bastonata. Io lo trattenni e gettai al santo una moneta. Questo briccone tacque immediatamente, raccolse la moneta, la guardò di sopra e di sotto, se la mise in seno, e poi ricominciò ad urlare peggio di prima. Ah! questa volta, disse il Ranni; una legnata ci sta! E alzò il bastone.