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Io cercai il cuoco per dimandargli che cosa pensasse di quel personaggio. Ma lo trovai tanto affaccendato, che non ebbi cuore di scherzare. Stava facendo il caffè e aveva intorno una folla impaziente che gli toglieva il respiro. Gli sguatteri gli parlavano arabo, il Ranni siciliano, il calafato napoletano, Hamed spagnuolo, il signor Vincent francese.

Lo stesso Hamed Ben Kasen Buhamei, fermo sopra un rialto di terreno vicino all'accampamento, pareva che guardasse con compiacenza quei bei cavalieri che gli passavano dinanzi a grossi drappelli, silenziosi, gravi, cogli occhi fissi all'orizzonte, come avanguardie d'un esercito la mattina d'una giornata di battaglia.

A notte avanzata, feci un giro per il palazzo. Sui pianerottoli, davanti alle porte delle camere, nel giardino, per le scale c'erano soldati accovacciati, ravvolti nelle cappe, che dormivano profondamente. Dinanzi alla piccola porta del cortile russava all'aria aperta il fedele Hamed Ben Kasen, disteso sopra una stuoia, colla sciabola al fianco. La luce velata delle lanterne faceva scintillare i musaici dei pavimenti e dei muri che parevano tempestati di perle, e dava a tutto l'edifizio l'apparenza misteriosa e magnifica d'una reggia. Il cielo era tutto stellato, e un vento leggero faceva stormire gli aranci del giardino. Si sentiva distintamente, nel silenzio della notte, il rumore del Fiume delle perle, il gorgoglio delle fontane, il[tn261] tic-tac degli orologi, e di tratto in tratto le voci acute delle sentinelle, che dalle varie porte esterne del palazzo si davano l'all'erta cantando delle preghiere. Che belle ore passai, quella notte, col viso all'inferriata della finestra su cui batteva la luna, pensando alla grande citt