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Chiusa nel velo, coi lunghi occhi obliqui fissi all’artier da la vermiglia tunica, ritta presso la porta parlò ella, e sibilo parea la sua favella: «Affila, affila sulla cote lucida i tuoi coltelli dai riflessi lividi. Affila, affila, scarno affilatore: questo per l’odio, questo per l’amore. Nell’alterno strider le lame oscillano, com’esse, al ghigno, i tuoi denti sfavillano.

E strada facendo, sballottato nel carrozzone della ferrovia, andava pensando a quella vita silenziosa, a quelle buone creature che aveva lasciate, e che si dileguavano a poco a poco nella nebbia trasparente d’un passato vicino, e vedeva ancora, come fra le nuvole, in un fondo verdognolo, un convalescente ed una vecchierella, una fanciulla ed un cane, l’orso e il scimmiotto i quali lo accompagnavano con l’amore, con l’odio, coll’indifferenza, e lentamente sparivano da lontano; mentre gli si presentava davanti gli occhi la vista della laguna increspata dalle brezze marine, i gabbiani che volavano in giro rasentando l’acqua, il sole del tramonto che tingeva di porpora e d’oro gli alberi delle navi, le invetriate delle case, le cupole e i campanili di Venezia.

Le lettere di Giuliano, fra le quali, insieme a confidenze amichevoli, troviamo decreti e manifesti imperiali, ci danno il modo migliore e più sicuro di penetrare nelle intenzioni di lui e di giudicare la sua condotta nelle sue relazioni coi Cristiani. Che, malgrado l’odio cordiale che sentiva per questi, Giuliano volesse astenersi da ogni atto di violenza contro la loro persona e non esitasse a condannar questi atti, quando avvenivano all’infuori della sua volont

In fondo in fondo, il principio che guidava Giuliano, l’odio pel razionalismo portato nella conoscenza e nell’interpretazione dell’universo, è quello ancora che è legge per la Congregazione dell’Indice che siede al Vaticano.

Quinci comprender puoi ch’esser convene amor sementa in voi d’ogne virtute e d’ogne operazion che merta pene. Or, perché mai non può da la salute amor del suo subietto volger viso, da l’odio proprio son le cose tute; e perché intender non si può diviso, e per stante, alcuno esser dal primo, da quello odiare ogne effetto è deciso.

Girovagò stupidamente, senza sapere dove andasse, era digiuno da ventiquattr’ore, esaltato da passioni diverse, l’amore deluso, l’odio per Andrea, il disgusto colla moglie, la ferita di Maria, le minacce della moglie, e la sicurezza d’un duello sanguinoso; vedeva buio nell’avvenire, e provava delle allucinazioni paurose.

E sotto la domanda fremevano le ire, si addensavano i furori, un sordo tumulto di vendicazione si riscoteva, e l’odio ereditario ribolliva nell’animo di tutti.

È tanto l’odio di Gregorio per Giuliano che il pio scrittore, onde poterlo, con ancora maggior efficacia, accusarlo di perfidia, non esita a farsi l’entusiasta apologista dell’imperatore Costanzo. Qui c’è un voluto e deplorevole oscuramento della verit

De la finestra tua sul davanzale Un geranio vermiglio s’incolora. T’oppresse il fato, e pur tu serbi l’ale; Hai tanto pianto, e pur tu speri ancora. Ch’io m’inginocchi presso te: m’apprendi La virtù che sopporta e che perdona: Tu che l’odio e il livor mai non comprendi, Benedicimi, o grande, o vera, o buona.

Nell’ultimo periodo del settecento era banditore del Comune D. Girolamo De Franchis, l’ultimo di una generazione di banditori, il più popolare ma anche il più antipatico tra tutti gli ufficiali pretorî. In lui si vedeva il nunzio di tutte le disposizioni del Senato e della Deputazione di nuove gabelle, disposizioni che non potevano non riuscire ostiche al pubblico. Il Governo, sempre odioso pel popolo, veniva confuso col Comune, e l’odio per entrambi s’impersonava nel banditore, come quello che portava divieti, imponeva gravezze, limitava libert