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Quale stravaganza in tatti di vedere questa donna uscir nuda dal letto, e farsi calzare una pantofola dal nunzio del Papa e l’altra dal grande elemosiniere, e che questi due prelati si stimavano ben compensati per tal vile e ridicolo impiego, gettando un colpo di occhio fuggitivo sui secreti incanti di una simile bellezza!

Mi vuoi vivo acciocchè il senato mi conduca alle forche! Lo uccide. E mentre osserva sdegnato quel cadavere, imbrattato di sangue, che giace ai suoi piedi, viene ansante un nunzio. Cesare. Vengono! Chi? I messi del senato per catturarti e condurti alle forche. Odi. Ode il calpestio dei cavalli. Le forche! Mai! Non può indugiare. Vuole cacciare il pugnale insanguinato nelle mani del messo.

I dispacci dei baili a Costantinopoli riportati dal Sanudo, e quattro relazioni che in quei preziosi diarii sono pure conservate inedite, fanno di ciò piena testimonianza. La prima è una deposizione del nunzio Dell'Asta fatta alla signoria nel dicembre 1501, intorno al nuovo profeta Ismaìl ; la seconda una relazione 7 settembre 1502 del luogotenente di Cipro Nicolò Priuli, sui progressi del sufì e della sua setta ; la terza una deposizione fatta nell'ottobre 1503 intorno ai successi persiani, da un Moriati di Erzerum spedito appositivamente in Tauris dai rettori di Cipro ; la quarta finalmente è una lettera di Giovanni Morosini da Damasco del 5 marzo 1507 , la quale narrando con ogni possibile esattezza le lotte del sufì contro Alidul e la Turchia, rappresentava al senato «quello essere il momento opportuno di cospirare d'accordo fra i principi cristiani e la Persia, nella santissima impresa di scacciare il Turco d'Europa». La lettera del Morosini termina col seguente ritratto dello sh

Gli dèi accolgono benignamente gli sposi; li benedicono; consolano Dushmanta col dichiararlo innocente in faccia a Sacontala del ripudio, da che tutto provenne dall'incantamento di Durvasas; predicono le glorie future del figliuolo di Sacontala; fanno che Dushmanta lo riconosca per suo; inviano a Canna uno spirito, nunzio dell'evento; e, svelati cosí tutti i misteri, comandano che gli amanti e 'l fanciullo salgano sul carro d'Indra, onde tornar felici sulla terra a vivere lunghi anni di pace nella splendida Hastinápura.

Averle detto inoltre esso armeno, che li signori ambasciatori di Francia e di Spagna ed anco monsignor Nunzio, gli hanno mandato a dire che desiderano vederlo, ma che egli si è scusato per ora colle sue molte occupazioni.

Tuttavolta siccome il vento spirava riforme, e la gente procedeva appassionata agli accordi, la si volle tentare con tutti i modi. Paolo III, succeduto a Clemente, spediva il dabbene Contarino suo nunzio alla conferenza di Ratisbona; mandato senza limite non gli volle affidare, perchè ci hanno cose, che il Papa solo può concedere, ed altre che stanno fuori perfino della sua potest

Certo ch'in qualcun altro suo negozio se andará ad occupare. Ma... MASTRO ANTONIO. Volemo andare a disnare, misiere? ché ora. PRUDENZIO. No, no. Aspettiamo un poco questo puerculo nostro discipulo, nunzio di certe nostre imbasciate. MASTRO ANTONIO. E molto lontano? PRUDENZIO. In capite a questa via deambulatoria.

Ma verso il campo i lumi eterni inchina Il Re del Ciel da l'immortal sua sede, E certo nunzio al gran guerrier destina Scelto campion de l'immutabil fede. Guarda per l'ampia regïon divina Spirti infiniti, che gli stanno al piede; Indi a Michel guerreggiator sublime Ne l'armi eterne il suo voler esprime: II

Nam pro «quia, quare, quamobrem», perché le ruine quanto meno si sperano piú tosto vengono, e con questo importuno nunzio l'intercida le sue dolcedini. Ma eccolo, mi si fa obvio: fuggirò per questa strada. FILASTORGO vecchio solo. FILASTORGO. Oh che magnifica cittá è questa Napoli! non è cosa da lasciarsi di vedere.

Rispose il grande Eroe: meco per certo Nunzio trattò del gran Monarca eterno, Ch'a Rodi andassi; ma che 'l varco aperto Esser col