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L’altro che ne la vista lui conforta, resse la terra dove l’acqua nasce che Molta in Albia, e Albia in mar ne porta: Ottacchero ebbe nome, e ne le fasce fu meglio assai che Vincislao suo figlio barbuto, cui lussuria e ozio pasce.

La luce vi scende obliquamente per il vano che corre fra l’altezza del primo tetto e quella del secondo. Quando piove, l’acqua precipita da un tetto all’altro e da questo sulla strada che serba tutto l’anno in riga le bucherelle delle grondaie.

la bella donna: «Questo e altre cose dette li son per me; e son sicura che l’acqua di Letè non gliel nascose». E Bëatrice: «Forse maggior cura, che spesse volte la memoria priva, fatt’ ha la mente sua ne li occhi oscura. Ma vedi Eünoè che l

La sete natural che mai non sazia se non con l’acqua onde la femminetta samaritana domandò la grazia, mi travagliava, e pungeami la fretta per la ’mpacciata via dietro al mio duca, e condoleami a la giusta vendetta. Ed ecco, come ne scrive Luca che Cristo apparve a’ due ch’erano in via, gi

E come questa imagine rompeo per stessa, a guisa d’una bulla cui manca l’acqua sotto qual si feo, surse in mia visïone una fanciulla piangendo forte, e dicea: «O regina, perché per ira hai voluto esser nulla? Ancisa t’hai per non perder Lavina; or m’hai perduta! Io son essa che lutto, madre, a la tua pria ch’a l’altrui ruina».

XXVII, p. 164 e 170-71; anni 1778 e 1781. Le notizie della vita miseranda alla quale i captivi andavano assoggettati erano commoventi. «Spogliati e lasciati in camicia e con un bastone sugli occhi», essi venivano trascinati schiavi al bagno; poco e muffito pane, il nutrimento: scarsa e malsana l’acqua, pesanti i ceppi ai piedi.

ond’ io levai le mani inver’ la cima de le mie ciglia, e fecimi ’l solecchio, che del soverchio visibile lima. Come quando da l’acqua o da lo specchio salta lo raggio a l’opposita parte, salendo su per lo modo parecchio a quel che scende, e tanto si diparte dal cader de la pietra in igual tratta, come mostra esperïenza e arte;

Tosto che ’l duca e io nel legno fui, segando se ne va l’antica prora de l’acqua più che non suol con altrui. Mentre noi corravam la morta gora, dinanzi mi si fece un pien di fango, e disse: «Chi se’ tu che vieni anzi ora?». E io a lui: «S’i’ vegno, non rimango; ma tu chi se’, che se’ fatto brutto?». Rispuose: «Vedi che son un che piango».

Il cane del fornaio, dall’altro capo del paese, abbaiava forte come di notte; l’acqua della fontana chiaccherava nell’abbeveratoio. Si udì lontano il pêê pêê della cornetta.

così m’armava io d’ogne ragione mentre ch’ella dicea, per esser presto a tal querente e a tal professione. «, buon Cristiano, fatti manifesto: fede che è?». Ond’ io levai la fronte in quella luce onde spirava questo; poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte sembianze femmi perch’ ïo spandessi l’acqua di fuor del mio interno fonte.