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La mia providenzia non mancará mai, a chi la vorrá ricevere, in quegli che perfectamente sperano in me. E chi spera in me, bussa e chiama in veritá, non solamente con la parola, ma con affecto e col lume della sanctissima fede, gustaranno me nella providenzia mia; ma non coloro che solamente bussano e suonano col suono della parola, chiamandomi: Signore, Signore!

Cara Veronica.... come siete buona!... avete sostituita mia madre sulla terra.... che il cielo vi benedica mille volte. E pensando alla mia miseria e all'ottimo cuore di quella donna, io piangeva come un fanciullo. Allora essa mi calmava chiamandomi matto, smemorato, fantastico, epiteti coi quali soleva generalmente esprimermi la sua affezione.

Ma oimè! che in sentirmi nominare, tutte queste mie nobilissime signore si sono sbigottite e conturbate e hanno annubilato il sereno di lor begli occhi come avessero inteso qualche cosa orribile e paventosa, chiamandomi tòsco e veleno di cuori, peste infernale e conturbatrice de' piaceri, e che io finalmente impoverisca e conturbi tutto il regno di Amore.

Per l'inaugurazione d'un Circolo Universitario. A voi, studenti, e agl'invitati illustri che sono tra voi, domando perdono se non fui abbastanza modesto da rifiutare l'onore immeritato che mi faceste, chiamandomi a inaugurare il vostro Circolo con un breve discorso. Ma v'era nel vostro invito un significato che accarezzava irresistibilmente quel particolare amor proprio, sospettoso d'altri e di , che viene coi capelli grigi; il vostro invito voleva dire che, nonostante la disparit

Le cose da studiare giornalmente erano troppe. Le mie scarse forze vi si esaurivano. Non me ne rimanevano affatto per prender parte al chiasso, agli scherzi, alle scapataggini dei miei compagni. I quali, per qualche tempo, mi canzonarono spietatamente, chiamandomi: «la signorina». Poi, mi lasciarono in pace, non occupandosi più di me, quasi non esistessi per loro e non fossi un collega.

Ma io non tardai a levargli la soggezione. Mi alzai e presi congedo dal Bazzetta. Uscito nella via mi fermai per accendere il sigaro: e, senza volerlo, intesi che il sindaco parlava di me chiamandomi «lo scarabocchino». Non era un'ingiuria tanto atroce ch'io potessi aver diritto di offendermi. Eppoi non ci tenevo punto alla stima del sindaco: e non ero curioso di sapere ciò che diceva di me.

Capisco: il Marzocco ha inteso di farmi una cortesia chiamandomi strenuo campione del naturalismo in Italia, e di questa gentile intenzione gli sono gratissimo; ma siccome io ho la coscienza di non essere campione del naturalismo, di altra qualunque scuola letteraria, o chiesola, o setta che si debba dire, così chiedo il permesso di protestare, per la seconda ed ultima volta, contro l'etichetta che critici benevoli e valevoli si compiacciono, da anni, di appiccare al mio nome.

Però che Dio mi diede, chiamandomi a vita quaggiù, una inesauribile potenza d'amore ed una di spregio. E come Giovanni Huss di sul rogo, vedendo un uom del contado affaccendarsi per aggiungere legna a quella che gi

Il signor Gallenga, un po' nomade, è inclassificabile. Il signor Gallenga, da due anni, mi perseguita nelle sue rimarchevoli corrispondenze del Times, chiamandomi demagogo, anarchico, mazziniano, murattista e pazzo. Peccato che non mi abbia ancora chiamato cattolico! Dovendo parlare di lui, io non mi vendicherò con una menzogna. Il signor Gallenga è una delle figure fantastiche della nostra Camera, che scappano di un lancio ed in un attimo a tutti i partiti. Egli è un misto di selvatichezza e di malleabilit

Io ebbi voglia di chiarirmi se era o maschio o femina. Avendolo la padrona disteso in sul letto, e chiamandomi ch'io l'aiutasse mentre ch'ella gli teneva le mani, egli si lasciava vincere. Lo sciolsi dinanzi: e, a un tratto, mi sentii percuotere non so che cosa in su le mani; cognobbi se gli era un pestaglio o una carota o pur quell'altra cosa.