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L'aveveno da mette' sur carretto; Le perle, li rubini, li brillanti Li portaveno drento ar fazzoletto. E lui fu accòrto peggio d'un sovrano! Li re, l'imperatori, le regine, Te dico, le baciaveno le mano: Le feste nun aveveno mai fine. E da pertuttoquanto er monno sano, Fino ar fine dell'urtimo confine, Onori... feste... E dopo, piano piano Cominciorno li triboli e le spine.

Il Vondel è il più grande poeta dell'Olanda. Nacque nel 1587 a Colonia, dove s'era rifugiato suo padre, cappellaio, fuggito da Anversa per sottrarsi alle persecuzioni degli Spagnuoli. Ancora bambino, il futuro poeta ritornò in patria sopra un carretto, insieme con suo padre e sua madre, che lo seguivano a piedi pregando e recitando versetti della Bibbia. Fece i suoi primi studi in Amsterdam. A quindici anni godeva gi

Dite anche giusto ed umano, soggiunse mastro Bernardo con impeto, che in tutta la nobilissima stirpe dei signori Del Carretto non è il più leale, il più degno dell'amore e della venerazione del popolo. Tu lo ami molto, a quel che pare. Messere, che dirvi? Siam povera gente e si conta nulla; ma se bisognasse buttarci nel fuoco per lui.... E mastro Bernardo fece l'atto di dar la capata.

Vedo la porta di Bianca senza pericolo d'essere veduto. Viene fuori la sferica mammelluta portinaia a vuotare le immondizie nel carretto dello spazzino. Bianca sta al pianterreno: a tre metri dalla sua finestra una cassetta postale. Due bambini corpicini sparpagliati, gambe nude, passano toccando tutto. Si fermano estatici dinanzi a un fanale dipinto di fresco, verde. Lo toccano.

Con buona pace del notaio, e dell’anima sua, imperocchè egli è di presente tra i più, io m’attengo ad una vecchia cronaca dei signori Del Carretto, la quale ci narra essere stata così battezzata la torre da Enrico il Guercio, che fiorì nel 1140, e fu contemporaneo di Ugo il Negromante, imperocchè quella torre, o castello, era una spina per lui, cioè un ostacolo all’accrescimento dei suoi dominii da quel lato.

Giunto che fu nella camera, e veduta la marchesana del Carretto, che si alzava con piglio austero dal suo seggiolone per muovergli incontro, Giovanni di Trezzo si fermò sui due piedi, tolse la spada nella mano manca sotto l'impugnatura, e, mentre inchinava la fronte, stese la mano in atto di cortese saluto. La marchesa rispose con un cenno del capo.

Ed era andato, come gli raccomandava il padrone; e al tempo in cui lo ritroviamo, era paggio, cioè a dire governava il cavallo di messer Antonello da Montefalco, capitano dei finarini dopo la partenza di Francesco del Carretto, il quale, come sanno i lettori, aveva imitato il corvo dell'Arca.

Le truppe intanto avevano occupato i loro quartieri ed io mi misi in cammino per recarmi alla patria di Mario. Il carretto che mi portava correva a precipizio ed anzi, presso il ponte, gittò a terra una donna. Gridai, ma fortunatamente la poveretta si rialzò subito e il mio vetturino continuò a sferzare, bestemmiando, il suo ronzino. Per andare da Sora ad Arpino, conviene ripassare per Isola; prendemmo col

Il cavallo di S. Francesco, sovente preferito da chi non sapesse rassegnarsi ad una disagiata cavalcatura. Per certi posti era possibile il carretto, ed anche qualche carrozza o biroccio.

Si tratta di portare una lettera a messer Francesco del Carretto, signor di Novelli. Lo troverai a Millesimo, nella torre di Oddonino. Andando a staffetta, potrai essere domani, all'alba, in Millesimo. Va dunque a pigliare il nostro Giacomo e torna; ti metterai in viaggio tra un'ora.