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Aggiornato: 6 luglio 2025


La veneranda signora seppe quel ch'era avvenuto in Vialata; molto sommariamente, per altro, non avendo creduto opportuno suo figlio di riferirle per filo e per segno i discorsi suoi coll'eccelso Gian Aloise, mentre amava piuttosto trattenersi su quelli della nobile Caterina del Carretto nei Fieschi. Quella era una donna che capiva le cose; ed egli, il capitano, avesse pure a soffrirne la dignit

Tosto i soldati vi balzano dentro a farvi bottino, e per fermo v'appiccavano il fuoco, se l'impresa non portava via troppo tempo; indi, con larga preda e buon numero di prigioni, se ne tornano indietro. Comandava la spedizione Francesco del Carretto, figlio a Corrado e cugino di quel Marco, signore di Osiglia, che segretamente se la intendeva coi Genovesi.

I marchesi del Carretto, ai quali era toccata quella porzione litorana del retaggio aleramico, avevano innalzato il castel Gavone intorno al 1100. Uomini in continuo stato di guerra con vicini e lontani, dovettero eleggere a loro dimora e presidio un luogo discosto dal mare e manco accessibile alle incursioni dei barbari, che infestavano in que' tempi le coste della Liguria.

I danari dati da costui erano ancora non tocchi, i tre birboni un bel giorno presero tre posti in un carretto, e partirono per Palermo. Alla taverna d'Arculeo trovarono Maraviglia. Questi sono gli amici di cui vi parlai, gli disse Sciaverio: mastro Pasquale Carrarella, e mastro Santo Zumboli. I tre giovani si strinsero la mano; Gaspare offrì del vino, e mezz'ora dopo uscirono.

A Genova, tenendosi certa la vittoria, si era disputato nell'uffizio di Balìa se fosse ben fatto assaccomannare e distruggere in tutto la terra del Finaro; ma il consiglio deliberò (come dice quel candido uomo di monsignor Giustiniani) la parte più benigna ed umana. «E fu deliberato di dare a saccomanno solamente il borgo e di rovinare la fortezza del Gavone. E perchè si era promesso, in caso della vittoria, a Marco del Carretto e ai compagni la terza parte del Finaro, ovvero l'equivalente, fu deliberato di satisfarlo. E, ai nove di maggio, gli uomini del Finaro giurarono la fedelt

Non c'era da scherzare; egli, il Maso, umilissimo soldato, pur dianzi ragazzo d'osteria, ci aveva in corpo un segreto da cui dipendeva la sorte della sua terra. E non importa il dire che si trattava piuttosto del marchese del Carretto e della sua discendenza; coteste distinzioni il Maso non la conosceva, e se le avesse conosciute, di certo le avrebbe lasciate ai curiali dei suo tempo, e ai politiconi di l

Il Maso colse il destro di quella conversione, per dare una sbirciata dietro di . Il cuore gli fece un sobbalzo di contentezza, poichè non molto lunge ondeggiava l'insegna del marchese Galeotto, e al grido di «San Giorgio e Carretto» i suoi compagni d'arme muovevano spediti all'assalto. Ma ohimè, la gioia del Maso non durò che un istante.

Ma Castelfranco e i diritti di Genova sulla terza parte del Finaro, avevano cionondimeno a rimanere continuo argomento di litigio tra la Repubblica e i marchesi Del Carretto. La quistione sarebbe stata presto risolta colla peggio di questi, se le intestine discordie genovesi non avessero condotta la citt

Invero, entro le mura del Finaro e proprio nella corte dei signori del Carretto, c'era taluno che intorno ai consigli di messer Pietro poteva saperla più lunga che non il marchese Galeotto. Ma quest'uno ci aveva le sue brave ragioni per non dirne nulla al marchese e non turbare l'allegrezza recata nel castel Gavone da un primo giorno di sole.

Messere Antonio del Carretto, che con sessanta animosi ed esperti soldati difendeva il castello, venuto nel cuor della notte, com'era debito di buon capitano, a fare la sua passeggiata lunghesso le mura, non dubitò di attribuire quello strepito di carri allo avanzarsi delle macchine da fuoco, che il giorno vegnente avrebbero preso a fulminare la ròcca.

Parola Del Giorno

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