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che l'indomani sera mastro Pasquale e 'l cugino Santo Zumboli, che aveva condotto con per dargli man forte nella bisogna, se fosse stato necessario, avevano allungato il collo senza alcun profitto. In casa di mastro Cruciano c'era stato l'inferno, e la bella Carmela guardata a vista, non potè affacciar più nemmeno il naso.

In queste brutte disposizioni soffiava il cugino Zumboli. Era costui uno spilungone di vent'anni, verde come l'aglio e senza un pel di barba. Berretto sull'orecchio, cacciatora di velluto nero tutta tasche e taschette, anella di similoro alle dita.

I danari dati da costui erano ancora non tocchi, i tre birboni un bel giorno presero tre posti in un carretto, e partirono per Palermo. Alla taverna d'Arculeo trovarono Maraviglia. Questi sono gli amici di cui vi parlai, gli disse Sciaverio: mastro Pasquale Carrarella, e mastro Santo Zumboli. I tre giovani si strinsero la mano; Gaspare offrì del vino, e mezz'ora dopo uscirono.

Undici ore.... Un barlume penetrò per le fessure della finestra, in quella che un nome guizzò nella mente di mastro Pasquale, e dietro a quello un'idea: egli aveva trovato il buon affare che abbisognava al cugino Zumboli.... Oramai era sicuro, sposerebbe Carmela.

Mastro Pasquale co' gomiti appoggiati sull'orlo del deschetto, e con le mani cacciate tra' capelli, guardava fisso il cugino Zumboli, che, tagliatosi un fettone di pane, e sbocconcellando, e facendo di tratto in tratto la zuppa segreta, parlava con la bocca piena, a frasi interrotte.

Aveva dimenticato il cognome esotico del mafioso, e si voltò verso di Maraviglia. E mastro Santo Zumboli, aggiunse questi. Compare Gaspare, continuò il zu Turiddo accennando con la mano gli amici ai forestieri, compare Deco, compare Vito.

E mentre tutti pendevano dalle labbra del su Francesco, la pentola alzò il bollore. Va' a prender la pasta, Sciaverio, disse il vecchio; gli amici stasera mangeranno un boccone con noi. Grazie, risposero i due giovani a una bocca, e Zumboli posando una mano sul ginocchio del campiere, esclamò: Non ce l'avete a dire di no, porca cagna! non ce l'avete a dire....

Un bel giorno il calzolaio andò a trovare lo Zumboli: si comunicarono l'ultime osservazioni fatte, gli ultimi discorsi intesi, nessuno s'occupava più della cosa, non se ne parlava più. Allora presi da un'allegria pazza, si misero a ballare l'uno di faccia all'altro, accompagnandosi con la voce, facendo scoppietti con le dita a mo' di castagnette.

Quella sera mastro Pasquale uscì dalla bettola meno torvo del solito, Santo un po' alticcio. Il calzolaio dette le volte per il letto, nel suo stambugio buio, stillandosi il cervello a trovare il buon affare che bisognava al cugino Zumboli.