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Se bene consideri vedrai, che i vantati Statuti dei Gesuiti a fine del conto consistono in questo, che giunsero ad adattare allo spirito la istruzione medesima la quale nella milizia si applica alla materia; in questo si posero interi anima e corpo; oltre tenersi liberi da qualsivoglia cura, non accettarono cariche, benefizi, quantunque sotto mano gli avessero tutti; non digiuni, non veglie, non fatiche eccessive; i Gesuiti avevano bisogno di tutte le loro forze per durare nelle battaglie della disputa, della predicazione, e dello insegnamento. Se leggi le lettere del padre Segneri vedrai come il Papa medesimo lo presentasse di canditi, e di non so quali ortolani; il Granduca Cosimo III di cioccolata più volte, ed egli stesso gli chiede vino generoso per cavarne lena a mostrarsi valente operaio nella vigna del Signore. A conseguire simile scopo di leggeri si comprende come lo insegnamento avesse ad essere cura suprema dei Gesuiti; di fatti, a Roma esercitando una volta i letterati nocque piuttostochè giovasse alla religione; i Gesuiti intesero soppiantarli e ci riuscirono; sempre conformi a stessi immaginarono metodi affatto soldateschi, e discipline, e pene; insegnavano gratis, come predicavano, e celebravano la messa; vietato non solo chiedere, ma accettare elemosine: nelle chiese non tenevano cassetta: gli scampoli disprezzavano: si contentavano rubare la pezza. Anco questo modo d'insegnamento ebbe sequele terribili nella societ

«Che cosa favella quel membruto, che, se mal non vediamo, ci pare il vincitore del torneo di Romadomandò Carlo ad alcuni suoi Baroni. «Egli brava, e minaccia....» «Egli brava!» «O sire Conteaggiunge Ghino «da quel valente uomo che siete, accettate la tregua, perchè non sempre troverete traditori che vi lascino il passo, non sempre i Saraceni che abbandonino il posto, Benevento,...»

Dire non lice, all'umile penna del vostro corrispondente, gli applausi ch'egli riscosse caldi e ben meritati, egregiamente assecondato eziandio dalla valente prima donna assoluta, signora Mochetti Giuseppina. Soddisfacendo le brame addimostrate dall'affollato uditorio, il sullodato debuttante bissò la sua bella romanza dell'ultimo atto «Spirto gentil» fra il generale e crescente entusiasmo.

E con quel tale io la compirò! comandò lo zio: Vi faccio cavaliere d'arme! Voi sarete tanto valente che sbatterete la testa di Adalberto sul ponte di Rupemala a orrendo giuoco dei mastini! e così proclamando in atto di solenne promessa volse il capo nella direzione del suo castello.

Così favellava Carlo, insolente per arte e per natura, Un Cavaliere del séguito di Giordano, il quale teneva lo scudo traverso del petto a bello studio, affinchè meglio si vedesse, e su lo scudo mostrava il fulmine, che, cadente dalle nuvole, abbatteva una torre, col motto da man celuta scende; il nostro Ghino insomma, il quale si era fatto aggiungere all'ambasciata, e per disprezzo, od anche per iattanza (imperciocchè questa sia il pelo vano della bravura, come il timore della prudenza), portava quella insegna, onde i Cavalieri francesi riconoscessero in lui il vincitore del torneamento di Roma, mal comportando il superbo parlare esclamava: «Sire Conte, da quel valente uomo che siete, accettate la tregua, che in verit

Nel rendere conto di questa salita non posso fare a meno che lasciar la penna al valente alpinista tedesco che ne scrisse una succinta relazione sul libretto della sua guida.

Non parlate di me, che non c'entro; rispondeva egli a coloro che volevano riferire agli insegnamenti suoi il merito di un così valente discepolo. Io non gli ho insegnato quasi nulla. È venuto da me come poteva andare da un altro, e da un altro sarebbe riescito lo stesso che è riescito da me. L'unica differenza che io posso ammettere è questa, che un altro si sarebbe ingelosito di lui, lo avrebbe tenuto giù, molto giù, e non gli avrebbe certamente dato da dipingere una tra le medaglie a lui allogate. Io, invece, ho fatto per Spinello Spinelli quel che si fa, o che si dovrebbe fare, per un amico. Ma, per carit

Il De Mena invece confessa co' fatti ciò che tace con le parole. Parrá forse a taluni essere un rigore, che senta del crudele, il volere strascinare Giovanni de Mena ad essere confrontato con Dante. Ma si può essere valente poeta anche senza pareggiar Dante. Non da tutti poi si vuole pretendere ciò che troviamo negli intelletti straordinari.

«Quando anche» gli rispondeva Rogiero, guardandolo traverso, «tu tenessi ad una mensa il posto del cane, ed io mi dovessi sedere nella scranna del Barone che gli getta l'ossa, aborrirei di sedermi a quella mensa.» «Questa è da valente uomo.

I giornali cittadini raccontano il fatto e deplorano con vivo dispiacere che un collega, così buono e valente, sia stato colpito da una simile disgrazia.