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Aggiornato: 11 giugno 2025


Andavano in volta grandi reami, e antiche signorie, come foglie di castagno a mezzo decembre, per tutta la Europa, e voleva tenere ferma la Toscana?

Era una risposta a' miei lagni rivelati da qualche affigliato zelante. Io ricordo ancora il fremito d'ira che mi sorse dentro alla stolta minaccia. Mandai, su quei primi moti dell'animo, a dire ch'io non partiva più per Toscana e l'Ordine schiacciasse pure.

Anche lasciando la santitá e l'utilitá politica di quell'imprese a cui dopo Gregorio X niuno attese piú per due secoli, restano belli e superiori alla sua etá gli sforzi per cui egli fece richiamar i ghibellini nelle cittá guelfe di Toscana, e conchiuder paci tra re Carlo e Genova, tra Venezia e Bologna. Carlo all'incontro faceva ricacciare i ghibellini ripatriati.

Perché, se, per esempio, vengono tele d'Ollanda di lino ed altre oltramontane, se ferramenta di Brescia, se drapperie di Venezia o di Francia, se panni d'Inghilterra o d'Ollanda, se ogli di Toscana o di Puglia, se droghe di Livorno o Venezia, anzi se bisogna loro frumenti degli altri Stati, come alle volte accade, i mercanti, che le fanno venire e che per prezzo di tali merci rimettono monete di giusto peso, tanto piú le rivendono in Bologna; onde il danno ritorna addosso a chi ha da servirsi.

Alla casa d'Este non ci era maniera di cortesia ch'ei non usasse; nel suo incoronamento commise al duca Alfonso portasse il gonfalone della Chiesa; ora però noi sappiamo se coteste mostre avessero virtù di trattenerlo dalle insidie nel fine di creare uno stato ai suoi dove gli tornasse più destro: a questo duca invece di restituire Reggio usurpatogli dalla Chiesa, gli piglia Modena cui prima ribella a Massimiliano imperatore, e poi gliela compra per quarantamila ducati; e non basta, perchè non contento di levargli lo stato si adopra torre al duca Alfonso col veleno la vita; più tardi negoziando con Francesco I a Viterbo l'ebbe a restituire, ma in compenso volle, che gli fosse concesso manomettere il duca di Urbino, e questo gli consentì Francesco, secondo il costume dei Francesi, soliti a procurarsi lucro ovvero ad evitare danno alle spalle degli amici; però Lione comecchè avesse ottenuto licenza di stiantare il duca di Urbino se ne trattenne, e ciò perchè (la storia volenterosa lo attesta) Giuliano, il quale nella sventura ebbe fidato esilo nella corte di Guidobaldo di Urbino, non consentì si recasse ingiuria al suo successore: ma egli immaturo periva, insegnamento solenne pel vicario di Cristo a non porre il suo cuore qui dove la tignola rode; invano però che la libidine di averi riardeva nel petto al pontefice vie più. Ora si pubblica il monitorio contro Francescomaria duca di Urbino dove s'incolpa micidiale del cardinale di Pavia, ed era vero, che lo ammazzò alla sprovvista di uno stocco nel petto, dello assalto dato alle milizie pontificie e spagnuole dopo la battaglia di Ravenna, e del rifiuto di unirsi con la gente di Lorenzo dei Medici contro Francesco I. Francescomaria inetto alla difesa scansavasi a Mantova; indi a poco conchiuse tra Francia, Austria, Chiesa, Spagna, e Venezia la pace. Francescomaria si propone a mo' di condottiero di ventura ai soldati dimessi e con essi osteggia il Papa, e ripiglia il suo; ne segue una guerra varia dove Lorenzo tale riceve un picchio nel capo allo assedio di castello Mondolfo, che lo reputano morto. Firenze ne mena baldoria, dopo quaranta ricomparisce Lorenzo che fa scontare con lacrime di sangue ai Fiorentini la intempestiva allegrezza. Il duca di Urbino condusse cotesta guerra da ardito non meno che da prudente capitano, minacciò Siena e Perugia, invase la Marca di Ancona, e la Toscana, e se non avesse avuto a combattere altro che armi e' pare, che aria potuto vincere, ma il tradimento non potè; il Papa tentò farlo avvelenare, qui riuscendo gli contamina i soldati rapaci, e traditori. Maldonato, Suares, con due altri capitani spagnuoli si obbligano consegnare vivo o morto il duca al cardinale di Bibbiena; senonchè il duca, preso fumo della trama, audace e franco gli accusa davanti ai soldati invocando l'antico onore spagnuolo; gli va bene il tiro che gli Spagnuoli accesi e adulati per gl'impiccano; tuttavia il duca, considerando che con cotesti arnesi non vi era a fare a fidanza, parendogli prudente esporli al cimento della seconda prova, molto più che erano creditori di ben 100 mila fiorini di paghe, egli sapeva, per soddisfarli, a qual santo votarsi, piegò agli accordi col Papa abbandonando per la seconda volta il ducato, che venne tosto conferito a Lorenzo. Quantunque l'animo di Lione fosse fallace peggio del mare in bonaccia pure non mancò chi ebbe cuore per domandargli onde tanta ira contro Francescomaria della Rovere, al quale egli celando la vera, o almeno la più prossima, palesò la causa più remota, ed era: «corrergli l'obbligo di punirlo della sua contumacia, imperciocchè dalla pazienza del principe ogni barone avrebbe baldanza a contradiarlo; potente avere trovato la Chiesa, e potente volerla lasciareNella storia davvero percuote la mente la strana persistenza dei casi umani, che sembrano ostinarsi a torre, e a dare questo ducato ora ai Medici, ora ai Della Rovere finchè dopo avere una di coteste famiglie inghiottita l'altra vengono ambedue sommerse dalla morte. Lorenzo anch'egli dopo avere affaticato la mente dello zio Papa per farlo principe grande; e dopo essere riuscito a farlo entrare nella casa di Francia, in virtù del matrimonio con Maddalena della Tour, manca alla cupa ambizione di casa sua morendo della turpe infermit

Il conte di Cavour calmò gli allarmi del barone, dicendogli: «Teniamo conto dei fatti e non cavilliamo sulle paroleRicasoli ritornò in Toscana come governatore generale, mentre che il principe di Carignano vi andava in qualit

Roma l'amnistia e l'onnipossente parola d'amore, Toscana le riforme, Sicilia e Napoli le costituzioni, Piemonte il forte esercito tutelatore, e Milano la indipendenza; la indipendenza, senza della quale riforme costituzioni possono aver vita intera. Artefici tutti del pari di questo stupendo edificio, spetta a voi tutti, o italiani, il compirlo e il consolidarlo per sempre.

Perduravan le funeste contese fra la Chiesa e l’Impero, allorchè, dopo la morte del secondo Federigo, il Comune di Pistoia coi più della Toscana si volse al partito dei Guelfi. Sperarono sorti migliori dalla protezione non più di un principe straniero, ma italiano e pontefice.

Ma Garibaldi non poteva salvarsi che per la via di Toscana. L'esperienza di Don Giovanni, che aveva trafugato tanti proscritti, lo assicurava di questa necessit

Era, come si vede, tra Napoli ghibellina, Roma guelfa, Toscana ghibellina, Bologna guelfa, Padova e il resto ghibellino, un frapporsi, un intrecciarsi di parti, di guerre, di vittorie e sconfitte che doveva parer insolubile. Fu indubitabilmente uomo di grandi facoltá native.

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