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Aggiornato: 11 giugno 2025
Dopo parecchi giorni di giri e rigiri per la pineta colle pattuglie nemiche sempre alle calcagna, Garibaldi si decise per consiglio di coloro che lo proteggevano ad abbandonarla. Siccome l'unica via era quella di Toscana, fu scritto a Don Giovanni. Non gli si poteva indicare il giorno, ma lo si avvertiva di trovarsi dalla sera all'alba presso la dogana delle Balze. Così la rivoluzione finiva dopo un lustro circa dove era scoppiata l'insurrezione. Egli non vi mancò. Tutte le notti andava solo, mutando strada, armato, a questo appuntamento, dal quale dipendevano le sorti dell'Italia. Nessuno ne sapeva nulla: le sue abitudini di cacciatore lo protessero anche questa volta. Erano aspettazioni tremende. Accovacciato sopra la strada dietro un rialzo, dominandola per quanto le sue sinuosit
In una assai graziosa novella toscana (Fanta-Ghirò, persona bella), certo re, tribolato da incurabile malattia, ha tre figliole.
Allora, negli anni che seguono la morte di Gregorio VII, in questi d'intorno al 1100 a cui siam giunti, noi scorgiamo a un tratto, in due o tre decine d'anni, in una generazione tutt'al piú, costituito un nuovo governo uniformemente in moltissime, in quasi tutte le maggiori cittá del regno italico, Lombardia e Toscana; con un magistrato supremo di tre, sei o dodici «consoli», un Consiglio minore o «Credenza», e uno maggiore od adunanza di tutti i cittadini.
Due o tre volte ministro, il signor Buoncompagni non si mostrò veramente sotto il suo vero punto di vista che in Toscana, sia come ambasciatore del re presso del Granduca, sia come Commissario di S. M. dopo la partenza del Lorenese. L
Fabio Pepoli, dopo ventiquattr’ore di strazio, spirava lasciando il dovere di vendicarlo ai fratelli suoi Guido e Giampaolo. I quali pregarono anzi tutto il Granduca di Toscana d’intromettersi ad accertare se i Malvezzi avessero per caso avuto parte nell’assassinio del loro fratello: il Granduca indusse il Legato Ubaldini a raccogliere prove che i Malvezzi non erano colpevoli; poi egli e il cardinale, per amore di pace, fecero giurare a Giambattista e ad Aldobrandino Malvezzi
Perciò si veggono falsificate piú spesso le monete di basso argento de' principi di Lombardia che li testoni e paoli della Chiesa e della Toscana, piú li ducati veneziani che gli scudi e ducatoni della medesima zecca; essendo verissimo ch'egli è piú facile l'immitar col falso il men buono che il perfetto.
Siffatto paragone è semplice veritá, e non è ragion di tacerla perché sia a lode de' principi miei. Anche la paura di esser tacciato d'adulazione è viltá, se fa tacer la veritá. Or torniamo alle nefanditá. Nel 1413 Ladislao fu vittorioso, prese Roma, minacciò Toscana, Bologna. Ma ei morí l'anno appresso 1414.
Allora Roma diedesi a' tedeschi; ma questi furono tra breve invasi, morti molti, spaventati i superstiti dalle febbri endemiche; ondeché si ritrasse Federigo per Toscana, e fu quasi fermato dalla cittaduzza di Pontremoli, e salvo dal marchese Malaspina che il condusse a Pavia.
In Italia Clemente V volle far il paciero; ma lontano, straniero, e da terra straniera non gli riuscí. La parte francese, guelfa esagerata, trionfò quasi dappertutto. In Toscana continuarono, s'accrebbero i neri; in Bologna prevalsero, cacciando i bianchi nel 1306.
Della quale non intendo trattare, per non esservi detta causa nel nostro Regno, né meno in tutta Italia, dove non si essercita altra miniera di detti metalli, fuorché in Saravez dal granduca di Toscana.
Parola Del Giorno
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