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Aggiornato: 13 giugno 2025
CAPITANO. Y de missa tambien. ¡Válgame nuestra Señora! Tomad este y arrastradle. Gentilhombre, váyase V. M. en buena hora; y le beso las manos. TEODOSIO. Son uomo da esser cosí ligato e strascinato? questa è la giustizia? CAPITANO. Gentilhombre, me perdonarás si no conosciendole le he offendido. LAMPRIDIO. Non fa offesa chi non pensa di farla. LALIO. O tristo me, perché mi battete?
MASTICA. Ricordati dimandar quello che ti ho detto, per mostrar che sei figlio a Teodosio. LAMPRIDIO. Non me lo dir piú, ché lo so cosí bene che ricordandomelo piú, me lo faresti smenticare. MASTICA. Tu sei tutto mutato di colore. LAMPRIDIO. Questa insperata speranza d'allegrezza m'ha tolto fuor di me stesso.
LAMPRIDIO. Per non tenerti a bada, io son tutto quello che poco anzi costui ha detto che sei tu. EUGENIO. Voi potete chiamarvi del mio nome ed esser figlio a Teodosio, ma non potete esser me giamai. LAMPRIDIO. Mirami un poco in viso. Sta' fermo. Non vedi che diventi rosso e che cominci a tremare? EUGENIO. Vi paio io uomo da tremare se ben sto mezzo nudo?
Poiché mi concedi il mio marito doppo sí lungo tempo, che amai tanto e amerò mentre viva, temo di non svenirmi di contentezza. TEODOSIO. Ecco Eugenio tuo figliolo a cui desti il latte e partoristi, e amavi un tempo. SENNIA. Succedi, figlio, in quel luoco che altri si aveva usurpato, e perciò ne fosti scacciato.
Immorigerato puerolo, ficoso catamito, inter socraticos notissima fossa cinaedos! TEODOSIO. Mai suole venir una grande allegrezza che non si tiri appresso una grande amaritudine. Oimè! che l'allegrezza dell'acquistata libertá non mi fu tanto dolce quanto or m'è amaro vedermi scacciato dal luogo dove sperava essere disiosamente ricevuto.
EUGENIO. Padre, forse questa non è la casa vostra e quella donna non è Sennia vostra moglie. TEODOSIO. Io l'ho ben riconosciuta. Ma questo giovane si será finto Eugenio. Sennia è amorevolissima, e il desiderio di veder suo figlio l'ará appannato di sorte gli occhi che l'ará occecati, e ce l'aranno aiutato i servi.
TEODOSIO. O fortuna, io ti disgrazio che ne rompesti la prigionia e ne facesti scampare, ché ci era piú dolce soffrir la fame, la sete, la prigionia e l'ingiuriose parole che abbiamo sofferte da quei cani, che quello che abbiamo inteso in casa nostra.
TRASILOGO. Però lascia tante parole: comincia. SQUADRA. Cominciarò. TRASILOGO. Se avessi cominciato non aresti tolto questa fatica a dirlo. SQUADRA. Dammi l'orecchio. TRASILOGO. Eccoti l'uno e l'altro. SQUADRA. Poiché questo romano si è finto Eugenio e sotto nome di fratello di Olimpia è intrato in casa di Sennia con dir che Teodosio sia morto dieci anni sono,...
FILASTORGO. Anzi amorevole, ché l'amore sviscerato che portava a vostra figlia l'avea cieco del tutto. TEODOSIO. Non è amore dove si cerca tôr l'onore. FILASTORGO. Non fu questo il suo primo pensiero. TEODOSIO. Chi siete voi?
²⁹² Liban., II, 178. ²⁹³ Idem, 194, 10 sg. Ma Teodosio, dice Libanio, non ha mai emanata nessuna legge che sanzionasse questi eccessi. «Tu non hai mai imposto questo giogo all’anima umana. E se credi che il culto del tuo dio sia preferibile al culto degli altri, non hai dichiarato che questo sia un’empiet
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