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Aggiornato: 13 giugno 2025
EUGENIO. Io penso che sian morte, ché di tante lettere che l'abbiamo inviate non mai di niuna n'abbiamo ricevuto risposta. TEODOSIO. Potrebbe essere che le mie con le sue si fussero disperse per lo lungo viaggio; e poi non abbiamo mai avuto persone a cui sicuramente fussero state commesse. Almeno Olimpia ritrovassimo viva, che è giovane e del tuo tempo.
Non è vivo alcun di nostri parenti? ove è Beatrice mia sorella, ove è Eunèmone mio fratello? forse mi riconosceranno meglio di voi.... TEODOSIO.... Ti sei a torto, Sennia, dimenticata di tanto nostro scambievole amore, ché in quel breve tempo che stemmo insieme non ebbe il mondo duo sposi che s'amassero piú di noi.... TEODOSIO.... Non avete un neo nell'ombelico con certi peluzzi biondi?
Troveremo due persone disconosciute, l'una vecchia di sessanta anni e l'altra giovane di venti, conforme all'etá che potrebbe esser stimato Teodosio ed Eugenio; i quali informeremo del fatto benissimo: come a dir che sappino ben fingere di piangere, abbracciare e mostrar tutti quegli atti e passioni che sieno verisimili; in somma siano tali che, dicendoseli il principio, sappino da loro quanto s'abbi a fare.
MASTICA. È dunque questa la casa tua? TEODOSIO. Dimmi prima se questa è la casa di Sennia. MASTICA. Questa è la casa di Sennia: è per questo la tua? TEODOSIO. Io son Teodosio suo marito che sono stato venti anni in man di turchi, e or scampato la Dio mercé dalle lor mani me ne ritorno a casa mia. TEODOSIO. O di casa! Tic, toc.
BALIA. Se prima non ti dico questo, non potrai capir l'inganno. ... Olimpia da che venne a Napoli per provar l'animo della madre come stava saldo alla trama ordita tra lei e Mastica ministro del tutto, ha finto certe lettere come le mandasse Eugenio di Turchia, scrivendole ch'era morto Teodosio e che esso avea rotto la prigionia e la catena ed era in camino per venirsene a casa; e fece portar queste lettere alla madre da un certo turco fatto cristiano lor conoscente.
LAMPRIDIO. Io mi fo la croce: non dice parola che non meriti un anno di prigionia. TEODOSIO. O Dio, che questo ribaldo mi fa proprio divenir matto. LAMPRIDIO. Non diverrai tu matto, perché sei matto giá. Signor capitano, si trova una spezie di còlera che movendosi per lo corpo fa ferneticare: non vedete la faccia sparsa di macchie nere? giá si muove la còlera nera.
TEODOSIO. Tu eri appena di duo anni che, tenendoti in braccio e andando a diporto per lo capo di Pausilippo, fummo disavedutamente presi da' corsari. A me parendo aver un pegno dell'amor grande che portava a Sennia mia consorte carissima, mi son ito sempre teco disacerbando la passione che ne soffriva.
Si pensava questo asino che se non mangiava in casa sua che mi morissi di fame: vo' che mi preghi. Será piú quello che butterò questa sera, che quanto egli ha mangiato un anno in casa sua. Avisarò Lampridio e Sennia di questo inganno che voglion fare, acciò quando verranno gli diamo la baia. TEODOSIO vecchio, EUGENIO suo figlio. TEODOSIO. O patria dolce, o case tanto desiderate di rivedervi!
¹⁵¹ Liban., I, 612, 10 sg. Sedici anni dopo, Libanio, nel discorso diretto all’imperatore Teodosio, appena chiamato a reggere l’Oriente, per muoverlo a vendicare Giuliano, ritorna alla carica, e, non conoscendo ancora le tendenze cristiane del nuovo imperatore, lo eccita contro i Cristiani, additandoli come i colpevoli. Egli dice che Giuliano fu ferito da un certo Tajeno
La storia dell'estinzione della famiglia di Teodosio segna quella dell'agonia dell'Impero romano, e il mausoleo di Galla Placidia ci appare oggi come la tomba della potenza dei Cesari.
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