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Aggiornato: 22 maggio 2025


FORCA. Se i segni d'amor che devo aspettar da voi saranno di darme bòtte e di farmi piangere, da or vi disgrazio di quanto amore sète per portarmi giamai. I vostri scherzi a me non piacciono: gli asini soli, quando scherzano, si dán morsi che si stracciano la pelle, e calci che si rompono l'ossa. PIRINO. È cosí gran cosa soffrir due bòtte per un amico?

MASTICA. Disgrazio tal legge e chi la compose! TRASILOGO. Tu sei in còlera meco: non ti partire, ch'adesso ritornerò, che giá non è ora di pranso. MASTICA. In casa tua mai non è ora di pranso mentre ci sono io. Temerario vantatore, capitan di ranocchi, mi fa ascoltare e parlar quattro ore, poi me ne manda assordito e diseccato, senza mangiare e senza bere.

LARDONE. Come può consolarsi chi non ha niuna speranza di consòli? LIMOFORO. È troppo gran miseria viver senza speranza di consòlo. LARDONE. Però son discontento e ne disgrazio tutti i consòli. LIMOFORO. Non pianger dunque. LARDONE. Piango per sfogar la mia disgrazia e per morire. LIMOFORO. Meglio è che ti consoli da te stesso che esser consolato da altri: abbi pazienza.

TEODOSIO. O fortuna, io ti disgrazio che ne rompesti la prigionia e ne facesti scampare, ché ci era piú dolce soffrir la fame, la sete, la prigionia e l'ingiuriose parole che abbiamo sofferte da quei cani, che quello che abbiamo inteso in casa nostra.

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