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Aggiornato: 5 luglio 2025


Lo scopo al quale tende il signor Jullien col presente opuscolo, che è un prospetto d'un'opera futura, è quello appunto di procacciare una migliore direzione ed un'attivitá maggiore ai lavori intellettuali.

Questi tende una mano sola, e non può tender la bocca per baciare.

E quella... Di chi?... Tiriamo innanzi, mormorò Fathma mordendosi le labbra. Entrarono nel campo, attraversando quel labirinto di tende, d'uomini e di animali e mezz'ora dopo si arrestavano presso la tenda d'Hicks pasci

D'un tratto parvemi che si soffocasse, in quell'aria chiusa e pesante. Balzai in piedi e volli aprir la finestra. Ma il vento irruppe, furibondo. Sollevò alte le tende, agitò e sconvolse le fiammelle delle candele, fischiò attraverso le fessure dell'uscio, e versò dentro un torrente di pioggia. Maledizione! Richiusi dispettosamente, e chiamai Giuseppe, e ordinai il soprabito per uscire.

Quando il giorno dopo videro la nostra decisione di partire, temendo le conseguenze del nostro malcontento, vennero in processione a dichiararci la più profonda simpatia ed amicizia e prometterci che se restavamo, ci avrebbero mandato ogni sorta di viveri, ma noi ci mostrammo fermi, e caricate le mule, proseguimmo verso sud, lungo il lago, e piantammo le tende in riva a questo, dopo due ore di cammino, presso alcune meschinissime capanne basse, ristrette e totalmente coniche, costrutte con erba e canne palustri e abitate da pochi miserabili pastori.

Fu uno dei più bei divertimenti ch'io abbia avuti nel viaggio. Aspettai che tutti fossero entrati nelle tende; mi ravvolsi in una cappa bianca del comandante ed uscii in cerca d'avventure. Il cielo era tutto stellato; le lanterne, fuor che quella appesa in cima all'asta della bandiera, erano spente; in tutto l'accampamento regnava un silenzio profondo.

Tutti dormivano. Solamente Alberada, nella cui mente si erano fitte come chiodi le fatali parole del giuramento d'Ildebrando, non poteva pigliar sonno. Ella si vedeva quel fantasima dinnante. Se lo vedeva prima, come al castello del padre suo l'aveva osservato, pallido, cupo, negli occhi riarsi, a giurare che giammai avrebbe perdonato al fratel suo, giammai! Poi se lo rammentava come nelle camere della Tomba di Adriano si era a lei presentato, febbricitante, ardenti gli sguardi, convulso nel volto, che dava a lei commessa di condurgli quel fratello, perchè con lui bramava riconciliarsi. E quell'uomo era Ildebrando! quell'Ildebrando, Gregorio VII, il severo, l'inesorabile pontefice, quegli che come globo di fuoco si levò nel suo secolo per purificare o incendiare. Ella dunque ora passeggiava pensierosa per la stanza, ora si fermava avanti la finestra spalancata e guardava. Non guardava il cielo Alberada. Nel cielo aveva una volta messa la sua confidenza e si era rassegnata. Ella guardava la terra. Guardava il placido mare che con un mormorio simile al favellare di giovanette che dei loro amanti si raccontano, venivasi a rompere alla riva. Guardava le galee amalfitane, che a traverso di tanti perigli si recavano a pigliare le tele dalla Persia, le sete dall'India, i profumi dall'Arabia, ed ora, come masse brune, si cullavano negligentemente nella perfida rada, solo animate dal fievole lumicino, che a guisa di stella caduta, rischiara il passo lento del timoniere che non può pigliar sonno. Guardava quei tranquilli accampamenti normanni, in mezzo ai quali aveva passata sorrisa giovinezza, ombreggiata dalla targa paventata di suo padre, allietata dal suo amore. E sotto quelle tende ora riposava tanta parte dell'anima sua, tutta la storia del suo cuore Guiscardo, il priore, Boemondo! Guardava infine Alberada quella citt

Del resto, non seggioloni, non tende, non tappeti, non specchi, non orologi, non candelabri: in mezzo del salone, al posto della lumiera, una gabbia con un canarino che non cantava più. Erano degli avanzi che ornavano una tomba! Bambina si sentiva soffocata; Don Diego, rotto e schiacciato.

Teresa e la madre vivevano tranquille dalla loro, lavorando anch’esse alla casa futura. Intaccando un po’ di capitale, la madre aveva comprato tela da lenzuoli e da tovaglie e percallo da tende; la mattina Teresa tagliava per il lavoro della giornata e poi insieme infilavano punti a cucire ed orlare.

La stanza da letto della marchesa era tutta color albicocco. Il letto, in legno bianco e oro, aveva delle tende ampissime dello stesso colore a frangie d'argento e oro, foderate di raso bianco. I mobili, pure in bianco e oro, erano elegantissimi di forma, ma pesanti e pure di color albicocco, tranne la poltrona su cui era seduta la marchesa, ch'era di damasco bianco.

Parola Del Giorno

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