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Aggiornato: 14 luglio 2025
Usano costoro per armi da difesa la corazza e la targa, e vi sono anco molti elmi, e da offesa la freccia e gli archibusi, il quale non vi è soldato che non l'usi; ed è ridotta quest'arte in tanta eccellenza, che quanto alla perfezione superano i loro archibusi quelli di ogni altro luogo, ed anco quanto alla tempra eccellente che gli danno: sono le canne di detti archibusi per l'ordinario sette spanne di lunghezza, e portano poco manco di tre oncie di palla, gli usano con tanta facilit
Tutti dormivano. Solamente Alberada, nella cui mente si erano fitte come chiodi le fatali parole del giuramento d'Ildebrando, non poteva pigliar sonno. Ella si vedeva quel fantasima dinnante. Se lo vedeva prima, come al castello del padre suo l'aveva osservato, pallido, cupo, negli occhi riarsi, a giurare che giammai avrebbe perdonato al fratel suo, giammai! Poi se lo rammentava come nelle camere della Tomba di Adriano si era a lei presentato, febbricitante, ardenti gli sguardi, convulso nel volto, che dava a lei commessa di condurgli quel fratello, perchè con lui bramava riconciliarsi. E quell'uomo era Ildebrando! quell'Ildebrando, Gregorio VII, il severo, l'inesorabile pontefice, quegli che come globo di fuoco si levò nel suo secolo per purificare o incendiare. Ella dunque ora passeggiava pensierosa per la stanza, ora si fermava avanti la finestra spalancata e guardava. Non guardava il cielo Alberada. Nel cielo aveva una volta messa la sua confidenza e si era rassegnata. Ella guardava la terra. Guardava il placido mare che con un mormorio simile al favellare di giovanette che dei loro amanti si raccontano, venivasi a rompere alla riva. Guardava le galee amalfitane, che a traverso di tanti perigli si recavano a pigliare le tele dalla Persia, le sete dall'India, i profumi dall'Arabia, ed ora, come masse brune, si cullavano negligentemente nella perfida rada, solo animate dal fievole lumicino, che a guisa di stella caduta, rischiara il passo lento del timoniere che non può pigliar sonno. Guardava quei tranquilli accampamenti normanni, in mezzo ai quali aveva passata sorrisa giovinezza, ombreggiata dalla targa paventata di suo padre, allietata dal suo amore. E sotto quelle tende ora riposava tanta parte dell'anima sua, tutta la storia del suo cuore Guiscardo, il priore, Boemondo! Guardava infine Alberada quella citt
La targa di marmo che porta il nome della strada sembra chiudere colla forza di un suggello la via la casa e la vita-amore di Bianca. Penso che nella penombra calda sudata della sua camera da letto ora entra la cameriera col cioccolatte. Calore, sudore, odore vanigliato acidulo fra i seni di Bianca. Si sente la bocca arida, si ravvia i capelli, domanda: La posta. Grazie. Fuori strada in pendenza.
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