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Aggiornato: 5 giugno 2025
I capelli, di quel color castaneo di sotto a cui par trasparisca una fiamma d’oro aranciato, le invadevano la fronte, le tempia, il collo, mal frenati. Un nativo fáscino afrodisiaco le emanava da tutta la persona. Ed ella stava semplicemente, tra due gabbie di merli, sorridendo, non sentendosi offesa dalle brame che lucevano in tutti quelli occhi intenti a lei. I merli fischiarono.
Un sudor freddo piovevami dalle tempia all'idea di smontare al palazzo d'Angri con un seguito mostruoso che somigliava a una mascherata di carnovale. Garibaldi sarebbesi annoiato, e i miei amici del quartiere generale non m'avrebbero più lasciato in pace per simile trionfo alla romana dopo tanti eserciti debellati e tanti popoli soggiogati!
Ne busco la parte mia; ma niente paura, son quasi tutte sulle braccia, e i muscoli enfiati le rifiutano. Mi fischiano gli orecchi, dal sangue che mi corre veloce alle tempia; sento confusamente una voce di donna che strilla, e Pilade che grida più alto di lei: Tornate alle vostre cazzaruole; qui non è luogo per voi.
E la storia ci fa conoscere che alcuna volta si perdettero battaglie per la grande uccisione cagionata dall'accorgimento di serrarsi da presso al nemico, e con gli stocchi ferirlo nelle parti vitali, ovunque le commettiture lasciavano un piccolo varco all'armi di punta. Varie Lezioni. Amed. magg. st. 2 E poi canuto crin, bianco le tempia. ......min. ivi E per canuto crin bianco le tempia.
Lorenzo impallidì a quella seconda percossa; quindi per naturale contrasto, gli divampò il volto, all'improvviso rifluire del sangue alle tempia. Si cacciò una mano ne' capelli, e strinse così forte, come se volesse strapparseli. Calunniare! calunniare! ripetè egli con una terribile progressione di accento. Oh, voi lo amate, signora.... Voi lo amate! Adesso vi porreste invano a negarlo.
Roberta stava distesa sul letto, ad occhi aperti; le visioni pispigliavano nell'ombra, e se ne udiva il passo cauto o il volo maligno d'arpia; qualche inesplicabile romore nella camera o in giardino dava tal brivido alla fanciulla, che le tempia le s'imperlavano di sudore, ed ella era incapace d'allungar la mano ad accendere il lume.
Lo sapevo, rispose in modo urbano ma secco, mentre cercava ancora un sotterfugio per evitare la mossa, senza darsene precisamente ragione; ma i pezzi toccati erano due, bisognava giuocarli tutti e due: il codice del giuoco parlava chiaro; non era possibile altro passo che l'arroccamento. Anderssen si arroccò alla calabrista, come dice il gergo della scienza, cioè pose il re nella casa del cavallo e la torre nella casa dell'alfiere. Poi piantò gli occhi nel volto del nemico. Il negro, fatta che vide la mossa tanto sperata e tanto attesa, tornò a fissare più intensamente che mai l'alfiere segnato, ed acceso dalla emozione e dalla sua natura tropicale, non si curava né anche di temperare gli slanci della sua fisionomia. Correva su e giù coll'occhio dall'alfier nero al re bianco, facendo e rifacendo venti volte la stessa via quasi volesse tirare un solco sulla scacchiera. Anderssen vide quelle occhiate, le seguì, notò l'alfiere, indovinò tutto; ma sulla sua faccia non apparve un indizio solo di quella scoperta. Del resto Tom non guardava mai l'Americano; era sempre più invaso dall'idea fissa che lo dominava, Tom in quella stanza non vedeva che una scacchiera, in quella scacchiera non vedeva che uno scacco: fuor di quel piccolo quadrato nero e di quella figura d'ebano, nessuno e nulla esisteva per esso. Coi pugni serrati s'aggrappava agli ispidi capelli, sostenendosi così la testa, appoggiato coi gomiti alla sponda del tavolo; la pelle delle sue tempia, stiracchiata dalla pressione che facevangli i polsi delle due braccia, gli rialzava l'epiderme della fronte; le palpebre, in quel modo stranamente allungate all'insù, mostravano scoperto in gran parte il globo opaco e bianchissimo de' suoi occhi. In questo atteggiamento stette maturando il suo colpo per ben quaranta minuti, immoto, avido, trionfante; poscia attaccò; prese una pedina all'avversario e gli offese un cavallo. L'Americano aveva previsto il colpo. Il fuoco era incominciato. A quella prima scarica rispose un'altra dell'Americano, il quale prese la pedina nera ed offese la torre; cinque, sei mosse si seguirono rapidissime, accanite. La vera lotta principiava allora. A destra, a sinistra della scacchiera vedevansi gi
E quel che piu` ti gravera` le spalle, sara` la compagnia malvagia e scempia con la qual tu cadrai in questa valle; che tutta ingrata, tutta matta ed empia si fara` contr'a te; ma, poco appresso, ella, non tu, n'avra` rossa la tempia. Di sua bestialitate il suo processo fara` la prova; si` ch'a te fia bello averti fatta parte per te stesso.
Contemplando i banchi così zeppi della destra, ogni sguardo si arresta colpito innanzi di quella testa mezzo calva, cifrata da una cicatrice profonda alla tempia destra, sorridente a met
Questi si levò. Intanto ch'ei si forbisce col fazzoletto la faccia, compone la chioma e fa altre simili smancerìe, tratteniamoci un momento a considerarlo. È del colore degli antichi Cristi di avorio: l'occhio ha spento, opalino come quello del pesce fradicio; i capelli tiene giù ripresi, e lisci da una tempia, e paiono un salice che gli pianga su la testa il cuore e il cervello da gran tempo defunti: muove le braccia come i telegrafi marini: ora si rannicchia con la persona, ora sbalza su, come un serpente di filo di ferro dalle scatole da tabacco. Solo a vederlo di leggieri si comprende come al nascer suo la petulanza, la presunzione e la stupidit
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