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Aggiornato: 22 giugno 2025


V arcar un uomo in ciel non io credea, I l qual fuggisse vivere famato, N udrirsi d'erbe, more, fraghe e giande, D estarsi a mezzanotte e macerarsi I l corpo giá omicida di se stesso, C orcarsi o su le frondi o in terra nuda, A rrecarsi a gran merto il girne scalzo, V ender se stesso ad altri, non avere I l proprio arbitrio in , che Dio concesse T enacemente al spirto di ragione.

che l’una parte e l’altra tira e urge, tin tin sonando con dolce nota, che ’l ben disposto spirto d’amor turge; così vid’ ïo la gloriosa rota muoversi e render voce a voce in tempra e in dolcezza ch’esser non nota se non col

Or che l'orgoglio è pago e che le strette Corser dei fidi amici e alfin respira La bella, che ti spinse alle vendette, Or che pende la spada e cessa l'ira, Che a te discende per antica vena, E rossa la tua gloria il mondo gira, A te vien la mia Musa e una serena Notte invoca di stelle all'agitato Spirto sfuggito agli aspri colpi appena.

<<Deh, metti al mio voler tosto compenso, beato spirto>>, dissi, <<e fammi prova ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso!>>. Onde la luce che m'era ancor nova, del suo profondo, ond'ella pria cantava, seguette come a cui di ben far giova: <<In quella parte de la terra prava italica che siede tra Rialto e le fontane di Brenta e di Piava,

Dire non lice, all'umile penna del vostro corrispondente, gli applausi ch'egli riscosse caldi e ben meritati, egregiamente assecondato eziandio dalla valente prima donna assoluta, signora Mochetti Giuseppina. Soddisfacendo le brame addimostrate dall'affollato uditorio, il sullodato debuttante bissò la sua bella romanza dell'ultimo atto «Spirto gentil» fra il generale e crescente entusiasmo.

Mentre su i dubbi de l’ignare genti, O trapassata, il teschio tuo sorride Mostrando i tersi denti, Del tuo spirto la vivida scintilla Ne l’esser mio che morir

Cosi` quel lume: ond'io m'attesi a lui; poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; che' dentro a li occhi suoi ardeva un riso tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso. Indi, a udire e a veder giocondo, giunse lo spirto al suo principio cose, ch'io non lo 'ntesi, si` parlo` profondo;

Chi fredda laudar mente potrìa del bello avversaria e del sublime, Che la potenza non ammiri ed ami Del gran mister? Mentre all'infermo è data Per patire o morir forza oltr'umana, Uno spirto di serii pensamenti E di mutua piet

Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangea; si` che di pietade io venni men cosi` com'io morisse. E caddi come corpo morto cade. Inferno: Canto VI Al tornar de la mente, che si chiuse dinanzi a la pieta` d'i due cognati, che di trestizia tutto mi confuse, novi tormenti e novi tormentati mi veggio intorno, come ch'io mi mova e ch'io mi volga, e come che io guati.

bello il vide mai qual nella plumbea Notte di quelle stanze sontüose Illuminar da una fessura tenue Le più sordide cose. Passan guerrieri spaventosi e taciti, Passan regine pel rimorso scarne, Tornan sibille con l'antico dubbio Lo spirto a affaticarne. Contorce il riso il labbro del buffone, E intanto al suoi cade una testa mozza... Vicino al canticchiare del beone La passïon singhiozza,

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