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Aggiornato: 17 giugno 2025
I due giovani, nei primi incontri, non avevano sentito il sussulto arcano, il turbamento foriero delle grandi passioni. Niente affatto. Sandrino entrava in palazzo quasi ogni sera, per lo più con don Vincenzo, e si fermava nel tinello colle cameriere che lavoravano in bianco, col Castaldo, e col vecchio Ambrogio. La sala dove stavano le padrone era vicina al tinello, tanto che sovente ivi giungevano le voci dell'allegra brigata e allora molte volte, quando si udiva anche la voce di Sandrino, Lalla e Maria, colla famigliarit
Sandro, fingendo d'essere capitato a caso in quel luogo, offerse alla Nena di condurla a vedere le macchine: ma poi, dopo le macchine, dopo la stamperia, forzandola un po', violentando i no no debolissimi, paurosi ch'ella opponeva, volle mostrarle anche il suo quartierino e lì... E quando la Nena pallida, sconvolta uscì da quella casa, confessava a se stessa di aver fatto male, assai male, a disubbidire la padrona e a ritornare a discorrere col signor Sandrino.
L'orologiaio, quello stesso appunto col quale Sandrino aveva discorso altre volte, sedeva davanti al tavolo con le sue brave pinzette in mano. Era un tedesco biondo, grassotto, colla faccia rasa; vestiva una zimarra larga, colle maniche rimboccate.
Il suo cervellino vagava, vagava molto lontano, e per la prima volta considerava Sandrino sotto il nuovo aspetto di conquistatore. Quella cronachetta di avvelenamenti e di gelosie prestava le ali cartilaginose ai nuovi pensieri della giovinetta, e a poco a poco l'oscuro figliuolo del segretario comunale si trasformava in un piccolo eroe da romanzo.
A Sandro Frascolini la gente gli contava le amanti a dozzine. Tutte le più leggiadre ragazze erano sue innamorate; perfino la bellissima Ottavia, la bellezza regina, si comprometteva per lui, cosa che faceva intisichire la moglie del sindaco: e Lalla ebbe per Sandrino un capriccetto.
A Sandrino non era parso vero di sottrarsi in tal modo alle domande e ai rimproveri dell'Ottavia ed alle occhiatacce scrutatrici della signora Veronica che, avendo notata l'inquietudine della rivale per l'assenza del giovanotto, provava in sè stessa un vivo piacere; piacere che poi crebbe, e di molto, quando li vide brontolare e bisticciarsi.
Bada, Nena, è il tuo sindaco! Scusi del termine; per me dico pane al pane!... Quel mammalucco del signor Domenico si fa portare un secchio di latte, e di sopra e... e di sotto lo fa entrare nel corpo alla moglie! Ma Sandrino, quando ha saputo la tragedia, che cosa ha fatto? Che vuole?... Ha dovuto subirle tutt'e due; l'una per amore, l'altra per forza.
Appena giunta la lettera dello zio ministro, che annunziava la notizia della prossima sua partenza per Roma, Sandrino sentì un desiderio irresistibile di erborizzare intorno al muro di cinta della casa bianca, e salì sulla collina del bosco. Raccolse per via alcuni fiori, ma giunto al solito sito, abbandonò la ricerca dei semplici, e incominciò a guardare in aria.
Mille timori, mille sospetti, balenarono a un tratto nella mente di Sandrino; poi gli rimase un timore, un sospetto solo, ma terribile: il duca era venuto a portare una proposta di matrimonio per Lalla. Allora fu preso da una febbre ardente che gli avvelenava il sangue, che gli dava fuoco al cervello.
E anche quando giunse la sera che doveva essere l'ultima dei loro colloqui, anche allora Sandrino, dopo una giornataccia di angoscie, ebbe un primo istante di sollievo, insieme a un barlume di speranza. L'avrebbe riveduta; le avrebbe parlato; la avrebbe supplicata... Oh era sicuro di commuoverla colle sue lacrime, d'intenerirla e di vincere ancora!
Parola Del Giorno
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