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Aggiornato: 5 novembre 2025
I carabinieri ci accolsero con tutta la gentilezza immaginabile, ci domandarono, se si aveva bisogno di qualche cosa, e noi che, come uomini, dopo tante ore dì disagio si aveva diritto ad avere appetito, ordinammo del salame, del prosciutto e due fiaschi di vino.
Procurino di far presto susurrò l'uomo prudente. All'osteria della Fraschetta famosa nella storia delle scampagnate milanesi, specialmente in primavera, quando fioriscono le mammolette e gli amori delle sartine, c'è sempre vin buono, latte fresco, buon salame, un bel giardino, delle sale pronte e molta indulgenza per tutti i peccati di gola.
Don Procopio è sempre il primo a sedersi al solito tavolino, tra le sette e mezzo e le otto; e mentre il Paolo accende il gas e da un'occhiata ai giornali, il prete fa un po' di tenera conversazione con Marianna, la vecchia gatta del caffè, alla quale porta tutte le sere o una crosta di formaggio, o una filaccia di carne, o lo pelli del salame, e non di raro qualche ossicino di pollo non tutto da buttar via.
Il padrone ci guardò con aria così ansiosa, che ci lusingammo di essere capitati bene. Il locale non era veramente di gran lusso, ma decente. C'è qualcosa di pronto? Niente; tutto da farsi. Allora, spaghetti al pomidoro. Oggi, cari signori? Impossibile! Due cotolette ai ferri; intanto un po' di salame, un po' di burro. Il padrone si grattava poco pulitamente la testa.
PANIMBOLO. Con certe animelle di vitellucce ti riporrò l'anima in corpo. LECCARDO. Se fussi morto e sepellito resuscitarei per farmi medicar da voi. Don Flaminio, avessi qualche poco di salame o di cascio parmigiano in saccoccia? DON FLAMINIO. Orbo, questa puzza vorrei portar adosso io? LECCARDO. Ma che muschio, che ambra, che aromati preziosi odorano piú di questi?
Alle otto venne il carceriere a domandarci se volevamo qualche cosa. Quasi tutti gli domandarono se non era tempo di liberarci. Ci disse di fare presto, che lui aveva tre camerotti zeppi di gente che aveva fame. Allora fu una gara, e il carceriere dovette pregarli di andare adagio. Chi comandava del caffè e dei sigari, chi del pane e salame e chi una frittura di fegato col limone.
La stessa padrona di casa, e dietro a lei due brave comari entrarono a un punto; portava quella una capace marmitta di fumante risotto, che suol fare le delizie delle cene carnevalesche; e queste due gran piatti, sull'uno de' quali un monte di salame e di salsiccie, sull'altro un grosso pollo d'India arrostito: ne veniva a tutti l'acquolina alla bocca, e poco mancò che al profumo ne sdilinquissero nonne, zie e mammine.
Il martedì si desinava in casa Bollati, e guai se non fosse stato così, perchè quel giorno non si accendeva il fuoco in cucina per non aver l'odor di bruciaticcio nel salotto attiguo, e anche perchè la padrona di casa non aveva agio da attendere alle faccende domestiche. Di tratto in tratto accadeva però che i Bollati avessero appunto il martedì qualche commensale di riguardo e allora essi mandavano a dire ai cugini: Venite domani. In questi casi, il conte Luca doveva limitarsi a mangiar pane e salame, e i bimbi sfamati alla meglio si mettevano a letto più presto del solito in ossequio al proverbio: Qui dort dîne. In quanto alla contessa Zanze, ella non prendeva che una limonata senza zucchero, tant'era la bile che le suscitava il procedere de' suoi boriosi parenti, i quali mostravano di tener in così poco conto lei e suo marito. Ah se non ci fossero stati di mezzo i figliuoli! Ma i figliuoli c'erano e non conveniva sacrificarli a un malinteso amor proprio. Perciò la contessa Zanze reprimeva presto i suoi moti di collera e procurava d'inculcare a Gasparo e a Fortunata la maggior riverenza verso i Bollati. Senonchè, l'indole de' suoi ragazzi era così dissimile che i germi gettati nel cuore dell'uno e dell'altra non potevano dare ugual frutto. Fratello e sorella avevano comune un gran fondo di rettitudine, ma nella sorella questa rettitudine s'univa a un'indole docile e mansueta; nel fratello invece essa si accompagnava a uno spirito altero, insofferente di freno. A ogni suggerimento, a ogni ordine, il primo impulso di Gasparo era quello di ribellarsi, il primo impulso di Fortunata era quello di ubbidire, cosicchè un psicologo chiamato a far pronostici sui due piccoli Rialdi avrebbe detto che Gasparo era un ragazzo indisciplinato e molesto, il quale sarebbe divenuto un uomo efficacemente e operosamente buono; Fortunata era una bimba angelica, serbata probabilmente a esser vittima d'ogni prepotenza e d'ogni ingiustizia, e la cui bont
Mangiammo del salame, della pasta al sugo, dell'arrosto e del formaggio e bevemmo del vino comune. Eravamo serviti da due scopini e sorvegliati da due guardie carcerarie. Terminato il pasto, venimmo visitati dal cappellano, accompagnato dal direttore. Subito dopo Federici, Cermenati, Seneci, Valentini e De Andreis vennero cellularizzati in infermeria.
Ordina quel che vuoi... In poche parole s'intesero. Quando il piatto del salame fu portato in tavola e che il vino fu trovato buono, lo zio sentì ch'era arrivato il momento d'intonare l'antifona: Raccontami un po' il gran nulla a fare che porta via tutto il tuo tempo. Che diavolo fai a Cadenabbia? Si fa di tutto per non annoiarci, zio. Alla tua et
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