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Aggiornato: 4 giugno 2025
Il poeta Veneto Buttura diceva da Venezia a Napoleone: Sull'indegne mio piaghe affisa il ciglio, Vien, vinci, abbatti i coronati mostri; E rendi a te la gloria, a me la vita. Son note le basse adulazioni del Cesarotti, autore della Pronea, che parlava in versi a Napoleone, dicendo: Parlo in prosa ai mortali, in versi ai Numi.
PILASTRINO. Hai detto assai: ma non t'intendo. CRISAULO. Ti farò sturare gli orecchi, per mia fé. Dico che omai le tuoi ghiottonarie sono scoperte e che, se tu non rendi a Girifalco la robba sua, ti vo' far pigliar io e darti a l'auditore. PILASTRINO. Oimè meschino! Questa è la colazion che mi volevi dare? Oh che nuova acerba!
Amor, che su per l'alto il volo affretti, Ed in terra ed in mar dispieghi l'ali, Sì ch'al nome di te rendi soggetti Con la faretra eterna i cor mortali, Amor mio solo nume, odi i miei detti, E contra quel fellon reggi miei strali, Perchè sgombrando il cor d'aspri dolori Più le tue leggi e le tue forze onori.
Ma insomma, ma insomma, riprese lo sventurato, una parola è dunque così difficile a dire? Tu non ti rendi dunque conto che quel silenzio sar
PANDOLFO. È giunto qui un astrologo che transforma gli uomini in altre persone. Se tu vuoi lasciarti transformare in un mio amico, ti lascio tre annate dell'affitto che mi rendi della tua villa. VIGNAROLO. E se mi transformo in un'altra persona, che mi servirá quell'utile? lo farai a quello, non a me. PANDOLFO. Tu non sarai transformato se non per ventiquattro ore, e poi ritornerai come prima.
FLAMMINIO. Com'ell'ha aperto l'uscio, entra dentro; e mira se vi è; e chiamami. CRIVELLO. Lasciate fare a me. CLEMENZIA. Che dite, signor Flamminio? FLAMMINIO. Che fai, in casa, del mio ragazzo? CLEMENZIA. Che ragazzo? E tu dove entri, prosuntuoso? vuoi intrare in casa mia per forza? FLAMMINIO. Clemenzia, al corpo della sagrata, intemerata, pura, se tu non mel rendi...
Quando tornerá dal suo pellegrinaggio, che dirá egli? L'approverá? Pare ad entrambe che sí; e continuano a raccogliere fiori per adornare i templi della dea delle nozze. Intanto l'iracondo Durvasas, uno degli uomini santi dell'India, a cui la povera Sacontala, occupata da tutt'altri pensieri, trascurò di far le dovute accoglienze, grida terribilmente: E che? Tu non rendi ossequio ad un ospite?
Le donne che custodiscono il fanciullo fanno di tutto perch'egli lasci in libertá il lioncello: La lionessa ti sbranerá, o incauto, se ad essa non lo rendi. Il fanciullo si ride della minaccia. Gli vien promesso un bel dono, se mette in libertá il lioncello; ed egli stende la destra in atto di riceverlo. Dushmanta gli osserva la palma della mano, e vi scopre segni d'impero.
Essi si accostavano a lui, li sentiva, li sentiva avvicinarsi, gli sembrò aver udito mormorare una parola. La parola fu ripetuta due volte, quasi al suo orecchio. Ladro! Ladro! Rendi i denari al mio figliuolo! E Lucertolo balzò dal letto inorridito, poichè si avvisò di aver riconosciuto la voce della vecchia Tittoli.
Penso ora che lo spirito, per piú compiutamente servirti, e nel sesso e ne l'abito di donna ha mandato a te lo amante tuo. Ma poni fine al dolor tuo perché chi femina l'ha fatto ancor maschio può rifarlo. FULVIA. Tutta consolar mi sento, parendomi che il fatto passato sia come tu di'. Ma, se tu Lidio mio intero mi rendi, li denari, la robba e ciò che io ho fia tuo.
Parola Del Giorno
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