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, Giuliana, dissi ti lascio in pace. Dormi. Ci vedremo domani. Non ti reggi! Gi

Amor, che su per l'alto il volo affretti, Ed in terra ed in mar dispieghi l'ali, ch'al nome di te rendi soggetti Con la faretra eterna i cor mortali, Amor mio solo nume, odi i miei detti, E contra quel fellon reggi miei strali, Perchè sgombrando il cor d'aspri dolori Più le tue leggi e le tue forze onori.

Non è nulla, mamma.... Vedrai che domattina starò bene. Un po' di stanchezza.... Ma, guardandola alla luce, mia madre esclamò spaventata: Dio mio! Dio mio! Tu hai un viso che fa paura.... Tu non ti reggi in piedi.... Edith, Cristina, presto, correte su a scaldare il letto. Vieni, Tullio, che la portiamo su....

E tu, che sulle storte gambe reggi ligneo torso nodoso, uso al travaglio di leva?... e tu, che corda di bavaglio tessevi un , tessendo all’uom le leggi?... E tu, donna, che porti sulle labra impresso il bacio d’una moltitudine?... Tu, ch’eri ladro?... tu, che in solitudine scandagliavi l’insonne anima scabra?...

LARDONE. Le leggi dell'onore son fatte per i cavalieri e prencepi, re e imperatori, e appena se ne curano; perché vuoi curartene tu? PEDANTE. Chi son questi reggi e imperadori? LARDONE. La regina Didone, come ho inteso da voi leggere a' scolari.

E se non fosse ch'io drizzai mia cura, quand'io intesi la` dove tu chiame, crucciato quasi a l'umana natura: 'Per che non reggi tu, o sacra fame de l'oro, l'appetito de' mortali?, voltando sentirei le giostre grame. Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali potean le mani a spendere, e pente'mi cosi` di quel come de li altri mali.

E se non fosse ch'io drizzai mia cura, quand'io intesi la` dove tu chiame, crucciato quasi a l'umana natura: 'Per che non reggi tu, o sacra fame de l'oro, l'appetito de' mortali?, voltando sentirei le giostre grame. Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali potean le mani a spendere, e pente'mi cosi` di quel come de li altri mali.