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Un editore milanese, che andava debitore de' suoi primi lucri al Nabucco, all'Attila ed ai Masnadieri, si vendicò della sua poca accortezza nell'aver lacerato un contratto di dieci spartiti che gli promettevano un milione, stipendiando quattro o cinque letterati non tutti famelici od abbietti, per muovere al trionfante maestro una guerra altrettanto ridicola che impotente.

La parola per loro non aveva nulla di serio: promettevano, poi schernivano, e così terminava ogni cosaTristo giuoco, nel quale hanno troppo più scapitato che guadagnato. Deh! che anche per cotesto Popolo grande il giorno del giudizio non venga dopo la morte!

Nel giorno seguente le fiamme dei confessionali, ammassati sulla superba piazza del Vaticano, rallegravano le moltitudini, e promettevano la fine dell'abbruttita servitù del popolo Italiano dalla sudicia e corrosiva teocrazia.

Era quella una domanda imbarazzante; e perchè Alice non sapeva trovare una buona ragione, e il Bruco pareva di cattivo umore, si voltò per andarsene. "Venite quì!" la richiamò il Bruco. "Ho alcun che d'importante a dirvi." Quelle parole promettevano qualche cosa: ed Alice ritornò indietro. "Non andate in collera," disse il Bruco. "E questo è tutto?" rispose Alice, inghiottendo il suo dispetto.

Taluno fra quei buoni si lasciò, poco prima del moto, sedurre dal raggiro monarchico e scese, a insaputa del nucleo, a patti coi faccendieri torinesi che mentivano quando promettevano ajuti ma che presentivano possibile l'insurrezione e miravano a impadronirsene. Errarono tutti e lo noto perchè l'errore si ripete generalmente nelle insurrezioni e le svia affaccendandosi a prestabilire un governo. Il governo d'una insurrezione deve sorgere dall'insurrezione stessa; tra i più arditi e a un tempo avveduti a guidare il popolo nella lotta. Scegliendolo prima, la scelta cade inevitabilmente sovr'uomini stimati influenti per uffici anteriori o ricchezza o tradizioni di famiglia, buoni forse, ma che non avendo il segreto dei santi sdegni e delle sante audacie del popolo, non hanno fiducia in esso intelletto d'iniziativa rivoluzionaria coscienza del fine cercato dall'insurrezione e tradiscono, sovente inconsci, il mandato per ignoranza o paura. Noi vedemmo nell'ultimo mezzo secolo insurrezioni repubblicane date al governo d'uomini d'opposizione monarchica insurrezioni contro il dominio straniero fidate a individui che avevano patteggiato con esso accettandone incarichi pubblici insurrezioni preparate e iniziate, come in Polonia, dall'elemento democratico, cedute all'influenza di principi e aristocrazie, consumarsi miseramente in un cerchio di transazioni che senza fruttare un solo ajuto reale dai governi, incepparono, limitarono, spensero l'energia popolare e l'entusiasmo delle nazioni sorelle. In Lombardia dacchè per inopportuna modestia, fiacchezza o noncuranza colpevole, i promotori dell'insurrezione si ritrassero dal dirigerne lo sviluppo il governo fu dato a uomini inetti come Casati, aristocratici come Borromeo, raggiratori come Durini: anime di cortigiani che non potevano vivere senza padrone e cacciarono popolo, libert

E gettavasi ancora su quel giaciglio di paglia mezzo fradicia, e si adattava intorno il gabbano col fine di dormire infino a tanto che spuntasse il . Ma sonnecchiato un poco, tosto si ridestava, che quand'uno è martellato da un pensiero assiduo, e che tutta gli occupi la vita, non è possibile che abbia a dormire a lungo. E allora colla memoria tornando molt'anni addietro, pensava alla potenza della propria famiglia, e alla terribile grandezza del proprio padre in mezzo a quella corona di figli prodi e coraggiosi, che per anni ed anni promettevano farla fiorire sempre più, e mano mano percorrendo i fatti memorabili successi nella propria casa, e le lunghe guerre sostenute dal padre contro il pontefice, e le vittorie, e le sconfitte, e le paci, e le crudelt

Un giorno ritornarono tutti animati, allegri, raccontando che nei giorni seguenti ci doveva essere la fiera del villaggio: avevano letti gli avvisi che promettevano feste, fuochi e luminarie: poi in piazza incominciavano gi

Quei denti lunghi, affilati, bianchi, orribilmente bianchi, scoperti fino alla radice dal labbro un po' rovesciato, acuminati e curvi verso la punta come i canini, parevano fatti per afferrare, per mordere, per lacerare la carne viva, palpitante davano ai loro visi un'apparenza orribilmente ferina. I denti neri, pel contrario, tozzi, brevi, quadrati, bene incassati e coperti dalla gengiva, promettevano indole e tendenze mansuete, che avrei dato met

Il buon umore, i brindisi, le ciarle del banchetto ebbero un termine colla catastrofe del prete, ed ognuno dei tanti che si promettevano di brindare, improvvisare, declamare poesie, diferirono ogni cosa per miglior occasione. Bella come il sorriso della natura, in una serena e tranquilla mattinata di maggio.

Di quei cinque, soli due potevano passare, ed essere considerati come speranze per l'arte. Gli altri non promettevano nulla, e mastro Jacopo li adoperava a mesticare i colori, a macinare le terrene sulla pietra, a far le imbasciate della bottega, a portargli la cartella dei disegni e la scatola dei pennelli, quando andava a lavorare fuori via.