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Dove facendo del savio e dell'importante, andava spacciando avere in tal impresa a sostegno il cardinale Borromeo, amico, diceva egli, e parente suo; favorirlo nella valle grandi personaggi, e li nominava un per uno.

"Io ho conosciuto un Gaudenzio da Varallo, rispose il Borromeo, che facendo ottimi dipinti e statue per le sacre cappelle del suo monte soleva prendere a modello le donne Fobellesi, che quanto a perfezione di forme portano il vanto fra le donne italiane, ma son convinto che all'occhio di quel pittore questa fanciulla non sarebbe apparsa punto inferiore alle stesse sue predilette montanine Valsesiane".

Forse, nel momento che s'induceva a scrivere la severa e giusta sentenza, egli ripensava il processo di creazione con cui erano venuti fuori nei Promessi Sposi i diversi personaggi: Don Abbondio, Perpetua, padre Cristoforo, don Ferrante da un lato: l'Innominato, la Signora di Monza e il Cardinale Borromeo dall'altro; gli uni tutti di un pezzo, organici, figli soltanto della sua immaginazione; gli altri messi insieme con elementi imposti dalla cronaca e dalla storia.

Il conte Giberto Borromeo, preso congedo da Gian Giacomo quella sera stessa, nel mattino seguente di buon'ora partì con sua comitiva da Musso, avendo contratto l'impegno d'un nodo nuziale che doveva dare a Milano l'uno de' più illustri suoi Arcivescovi, ed alla Chiesa un famosissimo santo, quale si fu Carlo Borromeo, che nacque nel 1538, cioè sette anni dopo l'epoca del nostro racconto, da questo conte Giberto e da Margherita, secondogenita tra le sorelle del Medici, la quale colle germane e le cugine stava allora in quella casa foggiata a monastero, che sorgeva in vicinanza di Musso, ove il giovine Conte era stato condotto a pranzo dal Castellano.

Nel pontificato di Pio V rimasero soppressi gli Umiliati pel tentativo di ammazzare San Carlo Borromeo; i frati si erano ridotti a 174 religiosi abitanti in novantaquattro monasteri; immensi i beni, e del pari immensi i vizi; la Chiesa ne pigliò le sostanze, di cui parte concesse a San Carlo per instituire seminari, e collegi di nobili, e di Svizzeri; la quale cosa dimostra come la Chiesa adopri la facolt

Il conte Borromeo, come tutti gli altri astanti, andava contemplando curiosamente Falco, a cui l'ardito portamento, la fierezza, sebbene alquanto mitigata, della guardatura e dei lineamenti, il giaco di maglia che portava sotto la schiavina da rematore, i pugnali infissi nella cintura, e la rete d'acciaio che gli copriva il capo davano il più marcato aspetto d'un formidabile pirata.

Addio, Falco... addio voi donne; d'ora innanzi noi ben ci potremo più frequentemente vedere". Così dicendo s'accostò al conte Borromeo e lo scortò nell'entrata dell'edificio ove si coniavano le sue monete.

E questi sussurri trovarono fede, onde, non che escluderlo, i predicanti commossero quei della val Pregalia a dare addosso ai missionari da lui mandati e metterli a processo . Fin tra le cure che gli ponevano assedio negli ultimi suoi giorni, il Borromeo s'occupava d'ottenere, se non pace, almeno tregua ai Cattolici: e teneva corrispondenza con re Filippo d'affari intimi che non si affidavano alle carte, ma si comunicavano a voce col Terranova, allora governatore del Milanese.

Gian Giacomo, accommiatando tutti quei che il seguivano, ad eccezione del conte Borromeo, dell'Altemps, del fratello Agosto e del Sarbelloni, uscì dal padiglione e recossi con essi loro nella casa in cui abitavano le di lui sorelle colle cugine, ove per suo comando era stato disposto un sontuoso pranzo.

"Egli non è ammirato soltanto da me: tutti quelli che salirono la flotta dovettero palesamente convenire del suo valore. Or permettetemi, nobile Borromeo, che mentre facciamo la via alla zecca di Musso, che mi diceste vi piace vedere, io m'oda da lui la relazione del compimento d'un incarico che gli confidai".