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Egli era davvero «un incanto». Il suo profilo, come Nancy lo vedeva spiccare sul chiaro cielo di giugno, era simile a quello dell'Hermes di Prassìtele. Ed ella notò i lucidi capelli ondulati splendenti di un nero quasi azzurro, quando, salutandola, egli sollevò il cappello con un largo gesto, un poco affettato, che la fece sorridere.

Per restar tra le antiche, Frine era un mostro di corruttela, senza dubbio; il suo nome istesso, che era poi un soprannome, datole quasi per marchio d'infamia dai suoi contemporanei, lo dice. Frine, rospo! Ma che importa ciò? Frine è un miracolo di bellezza; e Prassitele copia appuntino quella perfezione di forme; e quei di Gnido la mettono sull'altare, per rappresentarvi Afrodite.

Nella bellezza della fanciulla che ora aveva il progetto di corteggiare non vi era la bellezza altissima che Fidia e Prassitele resero immortale, quella bellezza che Tibaldo aveva chiamato moderna nel parlare di Lady Isabella. La era semplicemente la bellezza della grazia, della freschezza, del capriccio.

Prassitele scolpì due Veneri: una velata, l'altra ignuda. Quei di Gnido comperarono la nuda, modellata sopra le membra di Frine; per la qual cosa ritenendo ella più della cortegiana che della dea, venne laidamente contaminata, e la religione della divinit

Ma io ho spinto più oltre la rettorica menzognera. Ho espresso degli entusiasmi per le statue di Fidia e di Prassitele... ho arso il mio granello di incenso al genio di Zeusi e di Apelle... Li avete visti mai, questi insigni capolavori dello scalpello e della tavolozza degli artisti greci? anche in sogno. Come avvenne che spesso li abbiate ricordati ed ammirati con tanto entusiasmo?

Le figure più snelle offrivano anche allora agli osservatori stranieri «un’idea di quelle bellezze che una volta servirono di modello a Prassitele ed a Policleto in quest’Isola greca, e che infiammarono Aci per Galatea». E lanciandoli fantasticamente in mezzo alle favole ed alla storia, li richiamavano a quella siciliana che fece girare il capo ad Eufemio, quando nel secolo IX l’Isola cadeva sotto la dominazione degli Arabi³⁷⁰.

M'è occorso ieri (scusate la parentesi) di fare un piccolo viaggio. Eravamo tre uomini, nella carrozza dei fumatori, e ne capitò all'ultim'ora un quarto, un giovinotto bello come il Fauno di Prassitele, che appena entrato s'impossessò del suo sedile e dei due posti che c'erano, accomodandovi le membra per dormire, e puntando i suoi delicatissimi piedi contro il bracciuolo di mezzo. Mezz'ora dopo non gli bastavano più i due posti; alzò una gamba e sconfinò sul mio territorio, posandomi sulle ginocchia una scarpa, che fui costretto a prendere con due delicatissime dita, per ricondurla ne' suoi legittimi confini. Avrebbe egli fatto così, se io fossi stato una graziosa signora? Si sarebbe egli pure accomodato a dormire? Dèi immortali, mi parrebbe gi