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"Nel mezzo del cammin di nostra vita!" Non ci sono ancor io, Dante da strapazzo, ancor io? Galatea è invaghita di Aci; non può essere altrimenti. Se un Aci non è ancora capitato, mettiamo pure che non sia molto lontano.

Le figure più snelle offrivano anche allora agli osservatori stranieri «un’idea di quelle bellezze che una volta servirono di modello a Prassitele ed a Policleto in quest’Isola greca, e che infiammarono Aci per Galatea». E lanciandoli fantasticamente in mezzo alle favole ed alla storia, li richiamavano a quella siciliana che fece girare il capo ad Eufemio, quando nel secolo IX l’Isola cadeva sotto la dominazione degli Arabi³⁷⁰.

Sventuratissimo Polifemo! Quanti caldi sospiri, quante ardenti proteste, quante vane querele, che Ovidio ha raccolte, e non paion troppe al bisogno, in quella stemperata fuga d'esametri delle sue Metamorfosi! Che farci? Egli è la scarmigliata vecchiaia, ed Aci è la florida gioventù. Inoltre, il disgraziato Polifemo ha un occhio solo, quasi a significare la sua vita dimezzata.

E ricordandosi pure di altra gita da Aci a Giarre sotto un violento acquazzone, nel suo abituale stile ricercato raccontava: «Cessata alquanto l’acqua, da cui mi fu preciso l’entrare in Jaci, ripresi il cammino e fui per pentirmene amaramente; imperocchè sorvenne la pioggia più di prima abbondante e dirotta; gonfiaronsi i torrentelli e fiumiciattoli che scendono dai vicini monti, e l’acqua inoltre raccogliendosi in varj canali, strariparono siffattamente che la valle, per cui vi andammo, divenne una terribile e larghissima fiumana. Il suolo tutto sassoso e declive rompeva l’acque, e feale rimbombare con grande strepito, e i muli attoniti a tal vista e impauriti da grande frastuono e flagellati sul dorso da’ violenti scrosci, non volevano più gire oltre. Il mulattiere a piedi non poteva punzecchiarli, giacchè doveva per forza allontanarsi dalla lettica, e cercare saltellando di sasso in sasso un luogo per porre i piedi; cosicchè, privo omai di consiglio, l’istesso caporedine non sapeva come superare vasto pelago, e più volte io temei che smucciassero i piedi a’ travagliati muli, e saltasser nel fiume. Da ogni banda accorrevano intanto nuovi flutti, e traevano seco de’ grossi ciottoloni, che minacciavano di frangere la lettiga e di rompere gli stinchi dei miseri animali, che colle orecchie abbassate l’iniqua lor mente e l’estrema fatica appalesavan, rimprocciando tacitamente la temerit

Gran birichina, quella Galatea di Dameta! ma anche piena d'ingegno e di grazia nel suo discorso. Infatti il daino continua: "Oh dolci parolette "Che tante volte Galatea mi ha dette! "Vorrei che un saggio il vento "Ne portasse agii dei del firmamento." , questa è la Galatea che mi piace. Ma la mia non potrebbe esser quella di Teocrito? Amata pazzamente da Polifemo, è invaghita del giovane Aci.