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Aggiornato: 19 giugno 2025
Oltre che, di questa perdita non si deveria tener conto, quando fusse, mentre è causa d'un tanto utile, facendo venire denari, come esso dice, e questo commercio di gran danno, non lasciandone venire e cavandone quelli che vi sono, e cosí impoverendo il Regno in tutto, che maggior danno di questo non si patria fare; e, proibendosi, si remediava che non uscissero e che per forza venissero.
Questa lettera giunse a Venezia qualche giorno dopo di quella che annunziava la morte della povera nonna, e aggravò il dolore sofferto, lasciando sospettare, malgrado le attenuazioni del maestro, la minaccia d’una perdita ancora più dolorosa.
Ma il dolor vero per la perdita vera della figliuola della propria moglie non destò nella fantasia, per altro copiosa e lugubre-monotona, del poeta inglese tante immagini di squallore, tante reminiscenze orribili, quante col suo dolore artificiale ne descrisse nel suo poemetto il signor Tedaldi-Fores.
Israele trovavasi accasciato per una forte rotta subita dai Filistei e che fu causa della morte improvvisa e tragica del suo venerando giudice e pontefice Eli; della perdita dell’Arca santa e di parecchie belle provincie dello stato; della morte di tanti prodi soldati che lasciavano deserti e derelitti vecchi genitori, tenere spose e innocenti bambini.
PANDOLFO. Oimè! oimè! oimè! VIGNAROLO. Di che piangete? PANDOLFO. Della sposa che ho perduta, delli argenti e della perdita di me stesso! VIGNAROLO. A che vi giova il pianto? siate presto acciò l'indugio non vi toglia il rimedio. PANDOLFO. O infelice me piú di quanti uomini sono al mondo! vado a trovar l'astrologo, benché l'impresa è da disperarsi. Tu entra e taci. VIGNAROLO. Entro e taccio.
Però una perdita ben importante soffrirono i nostri in quel primo assalto benché respinto: una palla di revolver avea trafitto nel cuore il valoroso Orazio mentre, rovesciati colla scure i primi assalitori, disdegnando combattere al coperto aveva sporta la persona al disopra della barricata per raggiungere nuovi nemici.
Il povero giovinetto era così confuso di dover danaro perfino ad una donna, era così spaventato, così abbacinato dalla perdita, dal timore di non poter il giorno dopo farsi onore nelle ventiquatt'ore, dello spavento che il tutore e la Elisa venissero a sapere la sua scappata, che quasi quasi ne piangeva a calde lagrime. Il Sappia dovette scuoterlo più volte. Ma domani come si fa?
Poss'io vedere un Italiano, un compatriota correre ciecamente alla perdita senza gemere, senza tentare d'oppormici?» Fattisi udire in quella i passi del maggiore austriaco, il Pagano tornossene tacito al suo posto. Rientrato il maggiore, fu ripigliato l'interrogatorio, ma il colonnello Gasparinetti rimase alcun tempo senza rispondere, assorto nelle sue meditazioni, tetro, costernato.
Ebbe egli appena tempo di riconoscerla; si occupò subito delle ferite del cavaliere, e giudicando che l'immensa perdita del sangue cagionava probabilmente la sua debolezza, corse a cercare acqua per lavargli le ferite e fasciargliele alla meglio.
Diciamo al ricco: Se ti dice la ragione che è giusta la nostra causa, e ti trattiene dall'abbracciarla il timore di affrettare per te e pei tuoi figli la perdita della ricchezza, tu vivi in un inganno. Proseguendo così le cose, non sar
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