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Ricordo ch'ella fu singolarmente carezzevole, rimproverandomi la mia freddezza e quasi il disprezzo ostentato altra volta; ch'ella mi domandò se non fosse divenuta brutta, perchè era malata, e lo domandò con ansia in cui palpitava tutta la sua apprensione di donna elegante; che io, per rassicurarla, quasi mi lasciai sfuggire di bocca delle parole passionate, veementi; e che avvedutomi del pericolo, troncai bruscamente la visita.

No, no, povero prete! Le grandezze del cuore valgono quelle dell'ingegno, perchè la vita e la storia hanno egualmente bisogno di tutti gli eroismi di sentimento e di pensiero. Se la tua fronte è più bassa di quelle che ti circondano, il cuore che palpitava sotto la tua tunica di prete era più largo di quello di tutti i tuoi vicini; se essi giovarono alle scienze, tu assicurasti la risurrezione d'Italia salvandone il redentore. Fra l'eroe di Nazaret e l'eroe di Nizza tu prete non sentisti differenza, e fosti solo a non sentirla. Sii tranquillo, la tua gloria è meritata; i grandi teco allineati sono superbi della tua grandezza, che colma forse l'unico vuoto nelle loro file. Ma verr

Per questa giornata io fremeva ed impallidiva da due mesi, lavorando, ridendo, vivendo sotto l'imperio dell'idea fissa. Da due mesi ella palpitava come un uccello morente, nel disordine delle sue lettere; da due mesi, noi mentivamo atrocemente alle persone che ci erano state più care. Ogni azione, ogni pensiero, ogni speranza erano concentrate in quella giornata luminosa e ardente. Per andare, io ingannava un'altra donna, mia madre, mia sorella, i miei amici; io faceva venti ore di viaggio, io rimaneva sei giorni nell'albergo del paesello: per venire ella ingannava un uomo, ingannava suo padre, i suoi fratelli, i suoi cognati, sua suocera, i suoi servi, i suoi amici, si esponeva a viaggiar sola, bella e graziosa, per trenta ore di viaggio, in mezzo ai pericoli, venendo ad un pericolo di morte. Che importava tutto questo? Io l'amava e l'aspettava, ella veniva a me perchè m'amava. L'ultima settimana prima del giorno, era stato un turbine quello che ci aveva travolti; eppure, in tanto disordine di ogni cosa brillava netta, lucida, matematica tutta la combinazione del viaggio. Io conosceva a mente il mio itinerario ed il suo, e lo ripeteva sottovoce, come se avessi potuto dimenticarlo. Quei nomi di paesi, quelle ore ritornavano macchinalmente sulle mie labbra. Eppure una orribile paura mi accompagnava di sbagliare un treno, di non trovarmi, di perdere la testa, e due ore innanzi io era alla stazione, fingendo leggere, disinvolto, bevendo dei grandi bicchieri d'acqua per calmare la mia febbre. Chi ha viaggiato con me? Non so, guardavo in volto le persone senza vedere nulla. Sentivo nelle orecchie un rumorìo di voci, uno stridìo di ferro, squilli di campanelle, fischi, ma non comprendeva nulla. Non ho dormito mai, mai. Mi assopivo, talvolta nell'abbandono, nella stanchezza dei nervi troppo tesi, ma l'anima vegliava, un sussulto mi scuoteva. Quanti giornali ho trascorso, quanti libri ho sfogliato? Non mi ricordo. So che arrivato al paesello, dove ella doveva venire, mi son sentito stringere il cuore. Forse, non sarebbe venuta. Che ne sapeva io? Era così strano il modo come ci eravamo amati, così singolare il modo come ci amavamo! Non mi conosceva, non la conoscevo. Da un momento ad un altro, lei che non era nulla, era diventata tutto per me. Che donna era? Forse, non sarebbe venuta. Forse l'avrebbero trattenuta. Invano cercavo dominare questo senso invincibile di sgomento. Pure l'albergatore, un cortese e famigliare, uomo che non vedeva mai nessun forastiero, non si accorse di nulla; è vero, io era pallido, gli occhi miei vagavano, distratti, le mie mani avevano la febbre, ma sorridevo, scherzavo anche. Nei tre giorni avevo visitato il paesello, la sua chiesa gotica, la sua manifattura di lana sopra un fiumicello l

Il pittore palpitava d'entusiasmo, poichè avea gi

Il villino di Chérie era immerso nell'ombra: egli suonò il campanello del cancello: esso si schiuse, senza che nessuno comparisse ad aprirlo. Cautamente egli camminò sul terreno del viale: palpitava, d'ansiet

Mi ero figurato che esse fossero passate, tempo fa, inavvertite o sdegnate davanti a me, che non avessero lasciato traccia alcuna.... E invece mi si erano fissate, vivacissime, nella memoria e nel cuore; e il cuore, felicissimo di ricordare, di rivederle, si sentiva commosso, palpitava, con rapido moto di gioia mista a un po' di rimorso.

Un tremito spasmodico le percorreva di volta in volta le labbra, a' cui umidi angoli si raccoglieva una lieve e lucente schiuma bavosa. De' grandi occhi azzurrini nei quali palpitava quell'aura epilettica onde lo sguardo si esprime singolarmente tra il terrore e lo spasimo, entro gli orli arrossati delle palpebre ammiccavano di tanto in tanto, come offesi dalla troppa luce.