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In questa da gli abissi un mostro apparse Quasi Ottoman; sotto le ciglia accende Altiero sguardo, e su le guancie sparse Di puro latte un vivo minio splende; Con quel vigor, con quel furore onde arse Fiero di cor ne le battaglie orrende A la dolente donna ei si dipinge, E vaso d'or con la sinistra stringe.

I diari palermitani hanno pagine orrende di codesti spettacoli: ma chi scrive quelle pagine rimane impassibile come di cose ordinarie della vita, delle quali non sia quasi da maravigliare. Gi

E squassavano i párgoli rachitici, dalla enorme testa calva, con il collo segnato dalla scrófola, con le orrende macchie indelébili del vino e della pallida lue. Su questi visi di bámboli, átoni di senile imbecillit

Per quai sequele di misfatti orrende Scritte nel libro degli eterni guai, Dove cancellatrice più non scende Del sangue di Gesù stilla giammai, Un mortifero bronzo oggi egli prende, E d'empia gioia brillano i suoi rai? A' rei socii sorride, esce del chiostro, E l'arme sotto il manto asconde il mostro. ! del truce delitto ei socii avea! Ed appunto i supremi del convento!

E di punto in bianco, con orrende bestemmie, e un piglio feroce, aggiunse che avrebbe fatto tutti a pezzi. se non spiegavano come stesse quella faccenda. Lungo la via il guercio aveva preparato il suo discorso: voleva intrecciar le braccia sul petto, guardar il Capitano ciondolando il capo d'alto in basso, poi dirgli il fatto suo fuor dei denti. O che modo era questo di sospettar della gente!

Qui un pensiero più truce le soccorreva: un morire diverso, subitaneo, violento il patibolo, una folla indifferente spettatrice, un superbo che sorrida... Per tutta la persona un fremito le scorreva, e, come se veramente avesse quelle immagini orrende sugli occhi, li copriva colle palme e Maria, Maria! pregate per me adesso e in quell'ora.

Mentre più sempre a le terribil prove Vibrando l'armi il gran Guerrier s'accende, Ognor d'anime turche un nembo piove Giù ne l'abisso intra le fiamme orrende. fatto strazio a riguardar commove Tutto l'inferno, e meraviglia il prende; E Tesifone ria chiaro argomenta Mal d'Ottoman per quella turba spenta.

Quando sento fra orrende, avide spire Nel tenebror dibattersi la mente, E la virtù possente Che m’infiamma le vene è per morire, Ti guardo, o Madre.

Il semplice Spirto frattanto ignori Quel che prepara il cielo.... Or or giunse alla bettola E cionca tra i pastori Cieco d'un occhio un uom dal rosso pelo. Tonda la faccia ed ilare, Nude le braccia, a sghembo Sul ciglio alza il cappello; Mentre affilato luccica Nel rovesciato lembo Di sanguinosa tunica il coltello. Sogna, agnellino, e dissipi L'alterne orrende voci A te pietoso il vento,

Così avvenne che, dopo aver applaudito senza riserva agli amori incestuosi di Fedra e di Mirra, alle orrende vendette di Medea, agli adulterii di Clitennestra, a quella sequela di tragiche inverecondie per cui si rese proverbiale la famiglia di Tieste, ho finto scandolezzarmi pei ravvedimenti di una Camelia innamorata, ed ostentai una grinza di pudore violato nell'assistere alle peripezie maritali del povero Clémenceau.