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Le facciate sono incrostate di marmi o coperte di freschi mitologici, storici; le colonne di bianco Carrara o i pilastri di cupe bozze sorreggono gli architravi stemmati delle porte maestre; le cornici, le statue, le balaustre, gli scudi, i timpani, le piramidette, i festoni, i bassorilievi, i loggiati, le inferriate sporgenti, con forte armonia s'intonano alle linee del quadro, dovuto alla scuola di Michelangiolo e del Bernino: una intera via, due, tre, quattro.... quattro prospettive sceniche di sedi olimpiche. Nei vestiboli lastricati di marmi o s'adagia un larghissimo scalone, coi lioni maestosi, veglianti sui piedestalli, oppure un velo d'acqua frescamente scende a bagnare le muscose spalle di due cariatidi reggenti la conchiglia, oppure tra le colonne appaiate scintilla, come sfondo, l'azzurro mare e il cielo secato dagli apparecchi aerei delle infinite alberature. Vi sono scalee che danno a cortili, e nuovamente cortili che danno a scalee, e su ancora.... Arriviamo ai terrazzi, alle logge, ai giardini sostenuti da baluardi, agli elisi, ove le rose e gli aranci, la flora ligure venustissima non suade che amori, coi profumi spossatori dei talami sempre fecondi. E vi sono scalee che accedono alle straricche anticamere e agli appartamenti: ori, pietre, stucchi, cristallo, basalto, alabastro, colonne doriche, ioniche, corinzie, tele, freschi, statue, tutto vedi.... Cioè, non vedi niente: perchè subisci l

Nel 1857, l'orto, il cortile, i loggiati, se non lieti, erano puliti; i porticati sapevano di santit

L'Ospizio di Graglia sorge a 826 m. sul livello del mare, su di un colle verdeggiante, fra monti verdeggianti, e signoreggia una pianura verdeggiante che muore nel glauco nebbioso dell'orizzonte, dall'Elvo fin oltre il Ticino e a Milano. Ed ecco le Alpi Graie, il Monviso, la catena degli Appennini, Superga, la cupola di san Gaudenzio di Novara, l'aguglia del nostro Duomo: e sotto sotto i villaggi dall'Elvo alla Serra. E per la povera penna la descrizione è finita: nel calamaio ho solo il nero sbiadito dell'inchiostro e l'acido dell'aceto, negli occhi ho il sole fulgidissimo, coloritore, diffuso, nel cuore ho una mestizia indefinita: tra gli ampi spettacoloni e la mia povera pupilla sempre si pone una lente colle iridi più care, una bella lagrima e ben calda.... Dite quello che volete: ma è così, e così ho imparato solitariamente ad amare Madre Natura. L'Ospizio ha una facciata greggia, con un piccolo corpo avanzato nel mezzo, cioè due loggiati sovrapposti a tre archi, e un terrazzo al sommo: su un fianco i mattoni addentellati promettono la continuazione dell'edificio: dall'interno s'alza una cupola di 38 metri, a foggia di un torrione. Non squilla nessuna campanetta pei nuovi venuti: non s'invoca nessun santo, si scioglie voto: chi arriva a piedi trova che l'ingresso al santuario è l'ingresso a una trattoria. L'odore delle bistecche sale su ai tre corridoi dei tre piani, ove s'allineano gli usci delle camere ospitali. La chiesa è costrutta secondo la forma di una croce greca, un po' squallida, un po' fredda, colle pitture della cupola fatte da Fabrizio Calliari e una statua in legno della Madonna. Il tutto insieme che aspetto ha? Un aspetto tranquillo, polito e, diciamolo, melanconico. A me ha fatto l'effetto di una solitudine in una gran solitudine. Il passeggiare nei freschi corritoi mi sembra una occupazione da fraticelli vecchissimi: fra il toc-toc degli orologi a torricella, le gerle delle guide che sono andate alla chiesa o a succiare l'acqua della fontana, fra i busti dei benefattori, le lapidi degli insigni visitatori, leggiamo l'uffiziolo, quieti, strascicando le ciabatte larghe, cogli occhi imbrogliati dal sonno della pace, passandoci la mano grinzosa sulla testa pelata che luccica di riflessi d'avorio.... Ah che vita!... O fraticelli, non falliamo l'uscio delle cellette: elegantissime signore vengono all'Ospizio nei mesi d'estate e d'autunno, e vi rimangono nove giorni, lasciando al decimo sui mobili la cipria rosea, e nei cassettoni quei profumi nobilissimi, indizio ch'è passato un serpente: è vero, entrando in una camera così abbandonata di fresco si è persino rispettosi dinnanzi al grande disordine sparso da una piccola manina, e si soffre caramente un ignoto abbandono, e si ama la cipria e l'opoponax. Verr

Tutto si rammorbidisce, tutto si spiana. E che sarebbe il mondo alla rinchiusa, se ella uscisse, malaccorta, dal nido? Troverebbe ella la cameretta acconcia, l'oratorio vicino, la mensa imbandita alle sue ore, i loggiati, i giardini, e a farla breve tutte le agiatezze di un palazzo, in uno di que' nostri quartieri cittadineschi, che paiono fatti a posta per starne fuori?

Passato per tante mani nel corso de' secoli, rabberciato le tante volte, non mai riedificato dalle fondamenta, notevole pe' suoi muri da levante e da mezzogiorno, che sono ancora i vecchi bastioni di mille e più anni addietro, e pe' suoi ripiani più alti che mal dissimulano il mastio della ròcca, il monastero di San Silvestro serba tuttavia l'aspetto d'un antico castello, murato a difesa delle case circostanti, a rifugio de' loro abitatori da una scorreria di Saraceni. E mezzo monastico e mezzo militare, era nel 1857 un assai triste soggiorno, con tutta la sua felice postura, l'ampiezza de' cortili, l'allegria dei loggiati, dei terrazzi e di un orto pensile sorretto dai bastioni anzidetti, sul cui ciglio si mutava in altana, munita, giusta il costume, de' suoi ripari di lavagna traforata. L