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Allora si sentiva avvilito, non ci trovava più nessun costrutto nemmeno a perdonare alla contessa Lavinia, s'ella si fosse anche gettata alle ginocchia di lui; tanto e tanto egli sapeva ormai di essere ingannato; si sentiva ineffabilmente infelice, vedeva farsi il vuoto d'intorno e, cosa strana, lo provava anche dentro di , batteva i denti sotto quel sole falso di gennaio, aveva una gran voglia di piangere; e non essendo che le dodici e mezzo, pensò che poteva ingannare benissimo un quarto d'ora facendosi radere la barba.

Gli pareva d'esser vicino al monumento di sua figlia; ma la tomba era trasparente ed ella agitava le braccia, e malgrado gli occhi chiusi, il suo volto pallido era radiante. L'espressione del suo viso era d'una tristezza ineffabilmente dolce. Quella visione lo impressionò gravemente. Si sentì addolorato e pieno di rimorso per la soave malinconia impressa sulla faccia della sua morta.

Il Ferpierre, che aveva tutto saputo dai giornali, gli disse: Ho piacere d'avervi incontrato. Il vostro cuore non v'ingannava: ciò che voi sosteneste fin all'ultimo era vero. Voi avevate solo la vostra passione; ma essa vi fece vedere lucidamente. Fiorenza d'Arda non poteva uccidersi, non poteva morire volontariamente lasciandovi il tristo esempio senza una parola di conforto. Qualunque fosse l'angustia dell'animo suo, quantunque ella avesse fermato ed annunziato di togliersi la vita, all'ultimo momento la cristiana doveva arretrarsi. Ma poichè vivere non poteva neppure, compreso il geloso furore di quello sciagurato, lo provocò perchè egli stesso la liberasse. Le apparenze m'ingannarono. Ma sono pur grandi le stranezze della vita!... Potevate esser tutti felici, se il caso non vi avesse fatto incontrare quando dovevate tutti soffrire ineffabilmente: la contessa posta tra il rispetto di stessa, della propria parola, della propria fede, e l'amor vostro; voi amante disperato di lei e geloso di Zakunine; Zakunine perduto dalla gelosia per voi, dal tardo amore per lei, dal rimorso sterile contro stesso; la Natzichev amante taciturna, disconosciuta, negletta.... Che ne sar

Ho dei brillanti insolenti, quasi azzurri, grandi come il mio cuore! che dico? di più, di più! E li porto a tutte le ore, in tutte le stagioni intorno al collo, alle braccia, alle caviglie su tutta me! «Spero che anche voi portate molti gioielli. «Adoro gli uomini ineffabilmente anormali e ~mauvais-genre~, che portano degli anelli fino alla punta delle dita.

Accanto vi sedeva, sonnecchiando, la Suora, reggendosi la fronte con una mano, mentre coll'altra, posata sulla sponda della culla, faceva, anche nel dormiveglia, la dolce mossa automatica del ninnare. Nancy sorrise e richiuse gli occhi. Quel battito regolare la sopiva, e la riconduceva verso il sonno. Ella si sentiva ineffabilmente tranquilla, illimitatamente felice.

Ma in breve un piccolo suono ritmico e sommesso le giunse all'orecchio, e le parve assai dolce. Era un suono regolare e pacato, come il battito d'un orologio, come il pulsar d'un cuore. Era l'oscillare d'una culla! Anne-Marie, nel dormiveglia, sorrise; e una immensa pace le invase lo spirito. Il dolce battito ritmico la ricondusse verso il sonno. Essa si sentiva ineffabilmente calma e felice.

"Nel silenzio immane di quel cielo autunnale, sempre ineffabilmente triste, nelle tinte grigio-rossastre delle tarde albe, nell'azzurro profondo e metallico dei tiepidi meriggi, nei vapori violacei della sera, nelle nuvole gravi dei giorni cattivi, quando l'umido irrorava quel rigoglio selvaggio di vegetazioni rossastre, traendone acuti profumi di profonda solitudine, il pensiero di Pietro lavorava, lavorava, dietro quell'idea fissa, dolce e tormentosa nel medesimo tempo.

Ella avea chiuso gli occhi, e quasi inconsciente Il cor di confidenza pieno ineffabilmente, Spinta da irresistibile e nuovissimo istinto Le braccia intorno al collo del giovine avea cinto. Egli mirava l'ombra che le palpebre chiuse Gettavan sulle guancie di pallore suffuse, E le labbra vermiglie. E si sentìa sul petto Le mosse di quel core a battere costretto, E per la prima volta. Ei mormorò sommesso: «Io t'amo». Ella rispose: «Mi salva». Allor più presso A lei cui gi

Loredana corse al balcone a guardare il lago, che nella penombra sembrava infinito; solo, nettamente, si distingueva il fanale rosso del faro sulla diga. Ella stava assorta in quella contemplazione, pensando che il paese sconosciuto era ineffabilmente triste, allorchè udì il passo di Filippo. Egli aveva aperto i bauli e sorrideva.

La folla non si era diradata, ma si era ristretta in modo da lasciare in mezzo a uno spazio circolare abbastanza vasto. Nel centro di questo circolo miracoloso v'era un giovinetto che non mostrava aver più di diciotto anni, ma cui, a guardarlo bene, se ne sarebbero dati venticinque, tanto il suo volto appariva patito, e tante erano le traccie che v'erano impresse d'una esistenza travagliata e più lunga. Era biondo e bellissimo, eccessivamente magro, ma non tanto che la bellezza dei lineamenti ne fosse alterata; aveva gli occhi grandi ed azzurri, il labbro inferiore un po' sporgente, ma con espressione di tristezza più che di rancore; tutta la sua persona aveva qualche cosa di femminile, di delicato, di ineffabilmente grazioso, qualche cosa di ciò che i francesi dicono souple, e che io non saprei esprimere meglio con altra parola della nostra lingua. La purezza e l'armonia delle sue linee erano meravigliose; egli vestiva con estrema eleganza; e guardava qu